America Italia in Coronavirus. Sembra un mezzo di trasporto, e invece è il racconto di un viaggio, fisico ed emozionale tra due continenti nell’imperversare della Pandemia Sars-CoV-2. Giuseppe Giosuè D’Elia è diventato maggiorenne il 17 aprile 2020, in quel periodo di mezzo che sarà ricordato per l’imperversare del Covid. Un compleanno senza candeline, in quarantena, sottolineato da un volo Alitalia che l’ha riportato a casa, in Italia.
“Non avrei mai potuto pensare che avrei temuto per l’Italia. Poi la Lombardia, all’improvviso, è divenuta il centro de mondo, come se l’inferno fosse localizzato a Codogno. I servizi funzionano, grande patriottismo. Il barbiere che racconta della Guerra Civile Americana, le bandiere dappertutto. Le lasagne sognate e preparate dalla mamma
America Italia in Coronavirus è l’incipit del viaggio di Giosuè, giunto in Italia da Stanton, Powell County, Usa, dove frequenta la Powell County High School, I700 W College Ave, Stanton, KY 40380, United States, proveniente dal Convitto Nazionale di Avellino. Giovanissimo, Giosuè (che ha già fatto esperienza di studio a Oxford, Dublino ed Edimburgo) si è ritrovato lontano dalla famiglia quando le prime, incerte notizie sul coronavirus, cominciavano ad apparire sui media. “Le prime notizie si riferivano alla Cina – racconta Giosuè – e non avrei mai potuto pensare che avrei temuto per l’Italia. Poi la Lombardia, all’improvviso, è divenuta il centro de mondo, come se l’inferno fosse localizzato a Codogno e nelle regioni limitrofe. Mi sembrava tutto così assurdo. Chiamavo casa, ma la mia famiglia mi rassicurava. Anche negli Stati Uniti la percezione del Covid appariva tranquilla”.
Covid, una semplice influenza
“Inizialmente ci è stato detto che si trattava di una semplice influenza, e abbiamo continuato a frequentare le lezioni, come se nulla fosse. Qualcuno consigliava di disinfettare le mani, ma nessun obbligo, solo una raccomandazione. Perciò, con il professore di Spagnolo, Tim Jones, facevamo Hicking nei boschi, come al solito, e la vita non sembrava cambiata chissà come. Il coronavirus mi sembrava piuttosto un qualcosa di molto lontano dalla mia realtà quotidiana. Poi, all’improvviso, non siamo più potuti uscire. Non ho mai più rivisto i miei amici: Shelby Martin, Heaven Winkle, Audrea Grace, Jose Ruiz, Trevor Griggs, Grant Fraley, Eduar Enrique, Jordan Rader, Jairo Vasquez, Ava Erway, Giovanni Fico (quest’ultimo italiano).
America Italia in Coronavirus. Farnesina e Alitalia per i rimpatri
Il 26 marzo Giosuè fa ritorno in Italia grazie al volo Alitalia messo a disposizione dalla Farnesina. La compagnia di bandiera ha predisposto una serie di voli ad hoc per gli italiani bloccati nel mondo: 7 mila richieste di aiuto al giorno e ha continuato a volare anche verso i Paesi che hanno imposto restrizioni agli italiani. Migliaia di connazionali, sorpresi all’estero dall’epidemia di coronavirus, sono rientrati in patria grazie all’interessamento dell’Unità di crisi della Farnesina, diretta da Stefano Verrecchia, che in collaborazione con l’Alitalia, ha predisposto il rimpatrio anche da Paesi dove sono stati annullati i voli diretti.
America Italia in Coronavirus: Mi sembrava di vivere in un film
“Mi è stato detto di prendere il volo per Roma. Da Lexington sono giunto ad Atlanta e da qui a NYC. Non ho realizzato davvero cosa stesse succedendo finché non sono giunto all’aeroporto di New York. L’aeroporto era in fermento, tanta gente, tutti distanziati, tutti muniti di mascherina. Mi sembrava di vivere un film di fantascienza. Uno di quelli che narrano di disastri, invasioni aliene, fine della terra. Per me che arrivavo da uno Stato dove la vita scorreva tranquilla fino a pochi giorni prima, lontano dai clamori e dalla tragedia dell’Italia, tutti quei visi coperti mi sembravano non reali.”
Giosuè, parliamo della tua vita in America
“Sono arrivato a Stanton quasi un anno fa, il 31 luglio 2019 nell’ambito di un programma di esperienze di studio all’estero. Sono stato ospite presso una famiglia per il primo mese, poi sono entrato nella mia nuova famiglia ospitante, a Clay City, composta da Josh Pelfrey (padre ospitante), Laura Pelfrey (madre ospitante), Journey e Kennedy Pelfrey (le sorelle americane), Neville Su (il fratello proveniente dal Taiwan). La mia vita è cambiata completamente. L’America ti cambia, è così diversa dall’Italia. I servizi funzionano, le strade sono mantenute efficienti, manca la cultura del cibo come la conosciamo noi, il consumismo è parossistico. Ma i prezzi sono più accessibili che da noi”
Il cibo italiano ti è mancato?
“Il primo desiderio, una volta rientrato in Italia, è stato un piatto di pasta. Mia madre mi ha cucinato le lasagne, ed è stato come toccare il cielo con un dito!”
Che altro ti ha colpito degli Stati Uniti?
Sono patriottici. Incredibilmente patriottici. Tutte le mattine a scuola dovevamo fare il giuramento alla bandiera americana con la mano sul cuore”.
E ti piaceva?
“Sì, era bello. Ma mi sorprendevo a pensare che una cosa del genere sarebbe stata impossibile in Italia”
America Italia in Coronavirus, che ti sei portato dietro?
“L’atmosfera di partecipazione che contraddistingue la Festa dei Reduci, l’11 novembre. Ho conosciuto un soldato americano, Ronald Cooper, che era stato a Napoli quando era scoppiata la guerra in Iraq, e mi raccontava delle bellezze della città partenopea e dell’Italia in generale. La festa dei Reduci è molto sentita, viene vista come una opportunità per reclutare i giovani, avvicinarli all’idea della Difesa della Patria. Scuola, casa, bandiera sono un trinomio che fa parte del corredo di ogni ragazzo e la bandiera era un componente d’arredo anche nella mia cameretta”
La tua scuola?
“La Powell County High School di Stanton, è una bella scuola, aperta e rivolta dinamicamente al futuro, diretta dal Preside, Doug Brewer. Sono stato accolto con affetto dai compagni di classe e ho avviato un bellissimo rapporto con i professori: Tim Jones (Spanish), Claire Charles (Us History), Martin Christensen (Algebra), Shana Perdue (Digital Literacy), Cody Meadows (Intro Chemistry/Physics), Michael Estep (Arts and Humanities). In America la scuola è organizzata diversamente, sono gli studenti che si muovono per seguire le diverse lezioni. Perciò ogni aula è specifica di quel docente, di quell’insegnamento. E assume un aspetto e un’atmosfera propria, arredata in tema con l’insegnamento”
La vita dei giovani americani?
“I ragazzi non escono come facciamo in Italia. Non esistono i gruppi per strada, le camminate, le piazze. I giovani si incontrano a casa di amici, o si va a mangiare qualcosa, ma per lo più si sta in auto a parlare o ascoltare la musica. Manca quello spirito cameratesco di condivisione che si fa per strada. E poi si comunica tramite Snapchat, che è il nostro Whatsapp.”
Stereotipi?
“In positivo. Sono convinti che tutti gli italiani siano bravi nel calcio. Io che in Italia facevo Karate sono stato immediatamente selezionato per la squadra di Soccer. Un’altra modalità di socializzazione tra i giovani è quella di assistere alle partite di football e di basket”
La storia del barbiere appassionato di storia?
“Ah ah ….il mio parrucchiere si chiama Shade Miller. Ma è un parrucchiere sui generis. Ogni volta che andavo nel suo salone mi raccontava, con dovizia di particolari, la Storia della Rivoluzione Americana. Con una tale passione e con un incredibile accento del Kentaucky da rendere il tutto teatrale.
America Italia in Coronavirus, un viaggio in ritardo sulla consapevolezza della Pandemia. Quanto pesava il Covid in America?
“Non si avvertiva il peso della tragedia. All’inizio l’America non si è sentita chiamata in causa. Noi uscivamo regolarmente, siamo stati in Tennessee qualche giorno prima del volo che mi ha riportato in Italia. Il primo impatto col coronavirus l’ho avuto all’aeroporto di New York nel vedere tutti con la mascherina. Ma solo quando sono rientrato in Italia ho cominciato a sentire sulla mia pelle l’effetto della pandemia. Sull’autostrada, quando mio padre è venuto a prendermi a Fiumicino, siamo stati fermati dalla Polizia. I controlli erano capillari. Quello è stato il momento in cui ho capito che si trattava di una cosa seria. Ovviamente sono stato in quarantena, secondo le indicazioni”.
Un giudizio sull’America?
“Gli americani seguono con passione la nostra storia, sono affascinati dall’Impero Romano e la cultura americana è infarcita di elementi visuali, architettonici e di stile del nostro passato. L’America è il “Paese della libertà, ma a volte la libertà personale può essere aleatoria”
America Italia in Coronavirus. Il viaggio per ora è finito. Come hai trovato la tua città, Avellino?
“Stupenda! E’ tutto bellissimo e, persino durante il lockdown si vive una sensazione di maggiore libertà. Adesso apprezzo ogni cosa della mia città e dell’Italia in generale. Dovremmo impegnarci a migliorare, senza perdere tempo a criticare infruttuosamente tutto e tutti. Ma io sono un ragazzo, difficilmente qualcuno terrà in considerazione i miei consigli”
Hai già fatto tanti nomi, vuoi ricordare qualcun altro?
“La mia Homecoming date, Shaina Marie, la mia Prom date, Carly De Boer”
America Italia in Coronavirus, LA SCHEDA
Nome completo: Giuseppe Giosuè D’Elia
Data di nascita: 17 Aprile 2002
Data arrivo in America:
31 Luglio 2019
Data ritorno Italia:
26 Marzo 2020
Scuola americana: POWELL COUNTY HIGH SCHOOL
Indirizzo: I700 W College Ave, Stanton, KY 40380, United States
Città in cui è ubicata la scuola: Stanton
Città dove vive la famiglia ospitante: Clay City
Contea: Powell County
Preside: Doug Brewer
Professori con Materia:
Tim Jones (Spanish)
Claire Charles (Us History)
Martin Christensen (Algebra)
Shana Perdue (Digital Literacy)
Cody Meadows (Intro Chemistry/Physics)
Michael Estep (Arts and Humanities)
GLI AMICI
Shelby Martin
Heaven Winkle
Audrea Grace
Jose Ruiz
Trevor Griggs
Grant Fraley
Eduar Enrique
Jordan Rader
Jairo Vasquez
Ava Erway
Giovanni Fico
Homecoming date:
Shaina Marie
Prom date:
Carly De Boer
“Padre” ospitante:
Josh Pelfrey
“Madre” ospitante:
Laura Pelfrey
“Sorelle” americane:
Journey Pelfrey
Kennedy Pelfrey
“Fratello” provienente dal Taiwan:
Neville Su
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