Il ritorno del gran massone americano: Orazio De Attellis

Italiani Nel Mondo

Orazio De Attellis originario di Sant’Angelo di Limosano è l’emblema dell’emigrazione molisana nel mondo è stato protagonista della serata-evento tenutosi a Bojano. “Il Molise esiste ed è Nobile” il motto dei creatori del Molise Noblesse Festival

(UMDI-UNMONDODITALIANI) Il “Movimento per la Grande Bellezza di una piccola Regione” del “Centro Studi Agorà” e del quotidiano internazionale “Un Mondo d’Italiani” ha organizzato un evento speciale “Il ritorno del gran massone americano: Orazio De Attellis”. Sempre nell’ambito di MOLISE NOBLESSE, sottotitolato “Il Molise esiste, ed è nobile. Un brand per la promozione del territorio”. L’evento tenutosi in due date a Bojano, rispettivamente il 28 e 29 giugno 2017 a partire dalle ore 18.00, con il patrocinio di Regione Molise, Ippocrates, Casa Molise, Regione Molise-Patto per lo Sviluppo del Molise, Aitef e con i ragazzi del Servizio Civile Nazionale. Interverranno: Mina Cappussi direttore Umdi, giornalista e scrittrice; Giulio De Jorio Frisari, Istituto Italiano Studi Filosofici e visiting professor Università di Tessalonica; L’evento fa parte del Molise Noblesse Festival, ideato da Mina Cappussi, e organizzato con numerosi comuni molisani. “Il Molise – spiega la Cappussi – può situarsi a pieno titolo nella rete internazionale della Cultura e dei Viaggi tra Storia, Memorie, Arte e Territori sul filo conduttore della nobiltà di una terra che ha un grande potenziale da sviluppare e lo fa con una serie di iniziative volte a costruire una memoria collettiva nel senso dell’appartenenza e nel riscattare l’idea di emigrazione dalla sua genericità controversa e anonima, quella, per intenderci, della tanto abusata valigia di cartone legata con lo spago, per avviare un percorso selettivo (con il carattere della continuità) di studi e ricerche  destinate a far sì che l’emigrazione italiana nel mondo diventi suggestiva, indicando itinerari storici, letterari, filosofici, artistici alla scoperta del genio italiano e di ciò che, nello specifico, i molisani sono riusciti ad esportare oltre i confini regionali, contribuendo a costruire quell’immagine dell’Italia, patria universale della Cultura, della Bellezza, del Gusto e dell’Eleganza, che è alla base della fortuna economica del Made in Italy. Lo facciamo attraverso ricerche e iniziative volte a valorizzare i personaggi storici e i talenti molisani, e a far conoscere i mille volti della regione, i paesi, le chiese, i castelli, le dimore storiche, i luoghi caratteristici, le tradizioni (anche attraverso esperienze sensoriali, percorsi d’arte, concerti, piece teatrale). Intendiamo costruire una immagine suggestiva del Molise “LA GRANDE BELLEZZA DI UNA PICCOLA REGIONE” che sia appetibile all’esterno; gettare le basi per una lettura consapevole, dall’interno, da parte degli stessi molisani, della “nobiltà” del Molise autentico; sviluppare un focus sugli intellettuali molisani emigrati nell’ottica della valorizzazione del territorio attraverso la nobiltà delle genti molisane. Insomma, sarà anche ambizioso, ma intendiamo dar vita ad una nuova identità del Molise, un brand, come si dice, da interiorizzare qui in regione e far veicolare alla comunità molisana all’estero. Il progetto parte dal messaggio virale che da qualche anno ha portato l’attenzione sul “Molise che non esiste” utilizzando a proprio vantaggio l’imprevista notorietà data alla regione. Ovvero, “il Molise esiste ed è Nobile”. In particolare protagonista delle serate è stato il Massone Orazio de Attelis, marchese di Santangelo, fu uno degli italiani più controversi tra quelli giunti in terra americana, con un forte carico di polemiche. Nel 1774 Sant’Angelo di Limosano, suo luogo di nascita era infatti situata in quegli Abruzzi che rappresentavano la linea di confine settentrionale  del regno. Secondogenito di Dorotea D’Auria e del marchese Francesco, il ragazzo iniziò subito un duro apprendistato alla vita a causa dell’avversione affettiva del padre. Dispotico e tiranno in famiglia il padre di Orazio approfittò della prima occasione per spedire l’inquieto figlio nel collegio dei nobili di Napoli. Ribelle a ogni disciplina il giovane molisano si dimostrò subito all’altezza della sua futura fama e a quindici anni interruppe gli studi per arruolarsi, insieme al fratello maggiore, in Spagna nelle truppe dei reggimenti “Toledo” e “Nàpoles”. Orazio decise di lasciare temporaneamente Napoli iniziando un suo personale percorso che lo avrebbe portato negli angoli più disparati del mondo. Decise di fare il grande salto verso gli Stati Uniti “Il solo soggiorno convenevole all’uomo pensante, onesto e libero.” Questo era il pensiero dell’ormai maturo avvocato molisano, all’approdo nel porto di New York, nel 1824. Stretta amicizia con Lorenzo Da Ponte e con Giuseppe Bonaparte egli aprì una scuola privata che durò un solo anno. Nel 1825 De Attelis si spostò in Messico e nel 1827 l’ex rivoluzionario molisano fece ritorno a New York per prendere il posto, l’anno seguente, dell’amico Lorenzo da Ponte nell’insegnamento della letteratura italiana e spagnola al Columbia College. Arrivò dopo varie tappe a Roma per conoscere Mazzini durante i pochi mesi della Repubblica romana ma la sua presenza era ormai ingombrante. Estraneo ai nuovi pensieri repubblicani, e come tale accantonato a un angolo della scena politica. Il marchese morì il 10 gennaio del 1850. Intervento portante della serata tutta dedicata al De Attellis è stato quello del professore universitario Giulio De Jorio-Frisari che ha esordito dicendo: “E’ bene ripensare al senso del ricorso storico che qui viene proposto per le vicende biografiche di Orazio de Attellis: il concetto di <<corsi e ricorsi storici>> vichiano non sostiene che gli eventi possono riproporsi secondo le stesse modalità manifestatesi nel passato, per quanto in situazioni temporali distanti. Il riproporsi di situazioni risponde ad una presenza nella memoria collettiva di macro istanze analoghe e dunque di situazioni antropologicamente analoghe, dunque la condizione eroica, ovvero l’epoca <<degli eroi>> indicata da Vico nella <<Nuova Scienza>> rivela una condizione umana che è forma di una modalità, è un tropo che costituisce una grammatica generativa dei modi in cui l’umanità rivela la sua  tendenza aristotelicamente politica. Gli eroi sono espressione di ragioni fondatrici del vivere civile, imposte dall’uomo stesso nella vita universale attraverso gli strumenti del fare, tra cui la guerra, che sono necessari ad affermare in senso assoluto un principio collettivo, come ad esempio la giustizia oppure la ratio agricola ed il governo dei territori. Tra le ragioni fondatrici c’è lo spirito poetico, che determina le modalità della conoscenza, infatti esso genera le parole in cui sono riposti i segreti dell’umanità”. Termina il suo intervento così: “Con Orazio de Attellis lo spirito rivoluzionario settecentesco cerca in America le possibilità destinate ad un rinnovamento politico e va riportato a quella forza di volontà razionale che ha spinto Cristoforo Colombo eroicamente al grande viaggio con le Caravelle, va riferito anche allo spirito utopistico che determinò a fine Seicento William Penn a costruire nel territorio che verrà a lui dedicato, la Pennsilvania, un progetto politico utopistico dove si affermò una società di eguali dove le funzioni lavorative avevano pari dignità, progetto che ritroviamo in altro modo nelle Seterie di San Leucio. Il nobile molisano, <<emigrante>> per spirito di libertà, ma anche astretto da gravi difficoltà che ne misero a rischio la sopravvivenza, tali da fargli sperare nella vasta offerta di lavoro presente in quelle terre ricche dove una società giovane figlia di una rivoluzione per l’indipendenza stava costruendo se stessa, speranza che approdò ad una funzione importante moralmente, ma modesta per un aristocratico che in virtù della sua intraprendenza e del suo valore in spirito egalitario assurse al prestigioso ruolo di gran maestro nella loggia statunitense.”

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