Museo diffuso nel Colosseo: eliminare le suddivisioni tra i monumenti e far rivivere a tutti la storia romana. Questo il progetto del dipartimento di architettura dell’università La Sapienza
Museo diffuso nel Colosseo per rivivere l’epoca romana. Il tutto senza recinzioni e steccati a dividere i monumenti, dove poter passeggiare, scoprire, stupirsi, vivere l’esperienza della storia. Il progetto della Sapienza vuole: “Raccontare al meglio una storia nella quale si può rispecchiare il mondo intero”
Museo diffuso nel Colosseo
A 40 anni dalla proposta di Raffaele Panella e dal fermento culturale che animava Roma negli anni 80 -quando esplodeva l’Estate Romana– riapre l’annosa e dibattuta questione della risistemazione dell’area archeologica centrale. Sicuramente un tema che negli ultimi decenni ha impegnato tanti dei più grandi nomi dell’architettura. La riflessione degli architetti dell’Università La Sapienza si sviluppa a più voci. In questo modo si arricchisce del contributo di studiosi di restauro, soprintendenti, archeologi, storici, museologi.
Come si trasforma il Colosseo?
L’idea è quella di mettere insieme e ricomporre i diversi elementi, dai monumenti archeologici agli edifici preesistenti, inserendone al contempo di nuovi, con spazi destinati al racconto della storia. Un lavoro di riequilibrio generale insomma. Si prevede anche il recupero della leggibilità di quella che era la Valle del Colosseo e un forte ridimensionamento di via dei Fori Imperiali, ripensati come “tracciato mistilineo”.
Museo diffuso nel Colosseo a vantaggio dell’intera zona
Per ospitare il racconto della iconografica del Colosseo verrebbe restaurato. e finalmente riportato in vita, il cinquecentesco Palazzo Silvestri Rivaldi, oggi in stato di totale abbandono. In questo modo la riqualificazione dell’area coprirebbe diversi edifici e monumenti soltanto da recuperare.
Museo diffuso nel Colosseo per rivivere la grandezza romana
La sfida è stata lanciata. L’obiettivo, in questo momento, è superare l’isolamento degli studiosi e convincere la politica “che ciclicamente mostra buone intenzioni ma non ha mai tempo per impostare il tema”, come afferma nelle sue conclusioni il preside Carpenzano. La speranza, dunque, rimane. Anzi, è il sentimento che sembra sostenere ogni minimo contributo di questo sforzo collettivo.
“Perché il mondo intero – sottolinea appassionato l’architetto – vorrebbe conoscere e farsi incantare dalla nostra storia. E noi, che svolgemmo un grande ruolo nell’epoca del Grand Tour, potremmo oggi coinvolgerlo in una specie di Globar Tour”.
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