Mihi nomen Stefania Aversa. E’ in latino il programma elettorale della presidente del Circolo Politico “Prima Linea” di Napoli, candidata con Italexit di Paragone. Dai muri di Pompei, il ritorno alla lingua dei padri contro la decadenza registrata in questi anni. Nullus cives Italus subigētur necessariē ad medicamentum quod experimentis. Nos vocamus pacem, iustitiam, libertatem. Il caso
Mihi nomen Stefania Aversa est, Consiliī legatōrum candidata in Campania cum Italexit. Per triginta menses in foris adfui contra medicam dictaturam pro curationĭbus praecocĭbus in domiciliō, contra viridem minationem (lett. “ricatto verde”) et seri obligationem , pro iurium ac primārum libertatum tutelā, nostra Constitutione sancītae. Salvēte!
Mihi nomen Stefania Aversa
Si presenta proprio così il programma elettorale di Stefania Aversa nella lista Italexit di Gianluigi Paragone. Il partito della ribellione allo sfacelo, alla dittatura sanitaria, alla crisi economica, allo strapotere riprende in mano la lingua dei padri, per sancire una volta per tutte, senza debolezze, i valori fondanti della nazione. Era dai tempi dell’antica Roma, quando i messaggi elettorali erano scritti sui muri di Pompei, che non si vedeva una cosa del genere. Un primato da record che sarà ricordato nella storia e che identificherà colei che si prepara a sedere tra i banchi del nuovo Parlamento.
Pompei: fac et ille te faciet
A Pompei sono numerosi i manifesti elettorali rivolti ad personam, come quelli posti davanti all’ingresso della casa di Trebius Valens: “O Valente, porta Popidio Ampliato, figlio di Lucio, all’edilità. A suo tempo anch’egli ti sostenne”; e ancora: “Trebio, datti una mossa, e adoperati per l’elezione di Ampliato a edile”. Troviamo il fac qui te fecit, ossia fai eleggere chi ti fece eleggere, ma anche il fac et ille te faciet (fallo eleggere e poi a sua volta egli ti farà eleggere quando ti candiderai).
E c’è Caius Iulius, forse nipote dell’omonimo liberto e fiduciario dell’imperatore Ottaviano Augusto, ricordato da Svetonio, e figlio di quel Caius Iulius Philippus sannita posto lungo via dell’Abbondanza.
Qui troviamo l’invito a votare al duovirato probabilmente per Rustius Verus, con queste parole: Iuli Philippe fac, et ille Polybium faciet (O Giulio Filippo, fa convergere i tuoi voti [su Rustio Vero ?] ed egli farà poi convergere i suoi su Polibio). Un’altra iscrizione elettorale, tracciata stavolta proprio sulla facciata della casa recita: “Collega Polibio, fa diventare Aulo Rustio Vero duoviro giusdicente”.
Tres accusationes
Ma torniamo al presente e a Stefania Aversa candidata con Italexit. “Cum nonnullis defensorĭbus Circuli Interpretatiōnis, ex Iulio mense anni MMXXI (bis millesimi et vicesimi unīus), tres delationes/accusationes tradidĭmus in res ab amministratione rei publicae gestas, quae civitatis Italicae Constitutionem, Corpus iuris poenalis et Europaeum Praeceptum numerum nongentesimum quinquagesimum tertium anni MMXXI (bis millesimi et vicesimi unīus) laesērunt. Apud operium tribunalia egĭmus in industrios homines non solum intermissos, sed etiam spoliati suis stipendiis“.
Nullus cives Italus subigētur necessariē ad medicamentum quod experimentis
Nobĭs, nullus civis Italus publicam fidem uti debebit ut libertatem et iura civilia adhibeat. Nullus cives Italus subigētur necessariē ad medicamentum quod experimentis constat aut quod experiendo non fit.
Mihi nomen Stefania Aversa: Libertas super omnia
Mea fides est ad libertates, ad rei publicae Constituionis tutelam, ad imperium populi contra novārum rerum summum summum conatum [oppure contra rerum publicarum summam eversionem], contra Novum Ordinem saeculorum [oppure contra singulare imperium totīus orbis terrārum] in Italiā, in Europā ac in mundō.
Nos vocamus pacem, iustitiam, libertatem
Insolitum vidētur in anno MMXXI bis millesimo et vicesimo uno nos vocāri ad pacem, iustitiam, libertatem, potestatem defendendas. Eo praeposito, exprimimus nos contenturos esse:
1. ut exeamus a NATO, quod pacem importat tormentis militareque occupatione;
2. ut exeamus ab O.M.S., quod thesim complectum est eōrum qui ei pecuniam suppeditant, qui putant bonam valetudinem per serum pervenīre;
3. ut usurpentur verē Europaea foedera [oppure foedera constituenta U.E.), quoniam ea in gratiā sunt Europae populorum, liberō cursū hominum merciumque, et non Europae scribārum, servae imperōrum ad curam publicarum divitiarum et ad aerarium pertinentiam;
4. ut Italia exeat ab unici nummi rationē et ut aes signet liberē.
Contrarii sumus:
1. substitutioni praesentis pecuniae eā non praesente;
2. introductioni agnitionĭbus non praesentis quā publica numera praebēri potuērunt;
3. aquam privatam faciendo;
4. coemendo terras cibosque efficiendos a magnis societatĭbus praesentĭbus in plurĭbus nationĭbus.
Negotia, opifice, confectio
Brevĭter, putamus, ad sustinendam rerum publicārum Italicārum administrationem, necesse esse ut industriae redemptorum non fiscalia fiant, ut parva et media negotia, opifices, confectio in Italiā, fruges, omnium negotiōrum custodia publica, quae ad nationem pertinent et quae hodiē vili pretiō vendita sunt magnis societatĭbus praesentĭbus in pluris natĭonibus, pluris quam antea aestimentur.
Latino, nazione, appartenenza, cultura
Un manifesto elettorale scritto in Latino non può che piacevolmente sorprenderci. A maggior ragione in un tempo, quello che stiamo vivendo, che vive di superficie, sempre più distante dalla cultura italica e dal comune retroterra. Dietro questo unicum, ne siamo certi, c’è sicuramente l’avvocato Nicola Trisciuoglio, che della lingua dei Padri ha fatto la propria bandiera. E lo scrive chi, prima ancora che il Latino, matrice comune di Cultura e di appartenenza storica, è alla ricerca spasmodica della lingua dei Popoli Italici, quell’Osco da cui tutti deriviamo. Non è certamente nostalgia per il Passato, ma adesione convinta a ciò che che nel 1159 Giovanni di Salisbury, nel Metalogicon attribuiva al suo maestro Bernardo di Chartres: «dicebat Bernardus Carnotensis nos esse quasi nanos gigantium humeris insidentes»; cioè, “siamo nani sulle spalle di giganti“, ovvero possiamo, vedere più lontano non per l’acutezza della nostra vista o l’altezza del nostro corpo, ma perché siamo portati in alto dalla grandezza dei giganti.
Beata ignoranza
E vale anche per chi, oggi, ha scritto “Beata ignoranza” in risposta al banchetto improvvisato da qualche balordo su una stele funeraria risalente al 1 sec d.C rinvenuta a Bojano, capitale dei Sanniti e studiata da Gianfranco De Benedittis. (mulieris imago)Fausta v(ixit) a(nnis) X̣[—]Trebia Tẹ[—].Molise. Repertorio delle iscrizioni latine, 1. Giusto, beata ignoranza. Non avremmo potuto spiegare meglio quello che è accaduto in Italia in questi ultimi tre anni, con un popolo succube al potere.
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