di Giulio Capone *
7 gennaio 1915 – 7 gennaio 2023. Centootto anni sono trascorsi da quel sonno eterno che portava via, a soli 46 anni, uno dei più grandi scienziati al mondo, molisano di Sepino, il vero scopritore della Penicillina, tenuta a battesimo, 34 anni dopo, dall’inglese Alexander Flaming. Il grande amore di nonna Amalia, la lettura del Diario, Andrea Camilleri, galeotta la targa a Sepino.
7 gennaio 1915 moriva il dottor Vincenzo Tiberio, scopritore della Penicillina. Aveva 46 anni, mio nonno, quando fu stroncato nella sua casa di Napoli, da un malore improvviso, sulla cui causa nulla si sa, se non i racconti strazianti di nonna Amalia impressi indelebilmente nei ricordi di mamma Maria.
7 gennaio 1915: il potere delle muffe negli Annali di Igiene
Nel 1895 Vincenzo Tiberio pubblicò su un’importante rivista scientifica, “ANNALI DI IGIENE SPERIMENTALE” fondata nel 1889, le sue ricerche sulle muffe che esercitavano un effetto battericida. Aveva 26 anni. Aveva osservato, da ricercatore e curioso della vita qual era, che l’acqua del pozzo della casa di Arzano, dove abitava durante gli studi universitari, perdeva la potabilità ogni volta che le muffe che ricoprivano le pareti venivano rimosse, come succedeva periodicamente per la pulizia del manufatto.
Geniale, dr. Tiberio!
Da quella semplice, geniale osservazione, scaturì questa straordinaria pubblicazione che avrebbe rivoluzionato la Medicina e la Storia. Il medico molisano Vincenzo Tiberio dimostrò che il principio attivo contenuto nella soluzione acquosa estratta da queste muffe esercitava sui batteri un’azione antibiotica.
Nelle muffe un principio attivo che uccide i batteri
Nelle 13 pagine di quel lavoro, fitte di dati, corredate da tabelle, analisi di laboratorio in vivo e in vitro, concluse: ” Ritengo che nella soluzione acquosa estratta da queste muffe (Penicillium glaucum, Mucor mucedo, Aspergillus flavescens) esista un principio attivo che esercita un’azione battericida sui batteri con cui viene a contatto”.
Habemus Penicillina!
Aveva scoperto la Penicillina! Purtroppo nessuno capì l’importanza della scoperta, sia pure pubblicata su una importante rivista scientifica. Aveva precorso i tempi e il mondo, forse, non era pronto per quella intuizione che avrebbe salvato tante vite.
34 anni dopo qualcuno lesse quell’articolo
34 anni dopo un ricercatore inglese, Alexander Fleming, pubblicò un lavoro analogo, non dando però molta importanza a quanto aveva osservato. Diede però un nome alla sostanza prodotta dal Penicillum notatum: la chiamò Penicillina. Il resto è Storia.
7 gennaio 1915 – 7 gennaio 2023
Ciò che accade di forte nelle famiglie si tramanda tacitamente, quasi venisse a far parte del Dna di quella specifica famiglia. Mamma diceva sempre che nonna Amalia, non aveva mai festeggiato il giorno della Befana perché il 7 gennaio, il giorno dopo, era l’anniversario della morte del marito, nonno Vincenzo. E così quella triste ricorrenza aveva condizionato tutta la sua vita. Per questo motivo, motivo di quel dolore che aveva scavato voragini esistenziali, mamma volle che noi invece vivessimo serenamente, e anche in allegria il giorno della Befana bene, perché lei non l’aveva mai vissuto così.
Nonna Amalia e l’amore della sua vita
Nonna Amalia morì l’8 maggio 1942. Io, dunque, non l’ho conosciuta, ma il suo ricordo è estremamente vivo e tangibile attraverso la narrazione fattami da mia madre. Aveva non più di 3 o 4 anni, quando suo padre morì, eppure le era rimasto incollato addosso il colore funereo di quella perdita prematura.
Tanti pretendenti, ma nessun matrimonio
Ci raccontava della nonna che parlava spesso di nonno Vincenzo, innamorata di lui come il primo giorno, descrivendolo come grande uomo e grande scienziato. Non si risposò mai, nonostante i pretendenti fossero tanti, incantati dalla sua bellezza altera e fine. Aveva un piglio elegante, lineamenti decisi, ma quando parlava di nonno Vincenzo il sorriso cambiava come per magia, si illuminava di una luce speciale, tanto da trasmettere a mamma, inviolato, l’amore per l’uomo della sua vita.
7 gennaio 1915: il mito vive ancora
Un sogno, un mito i cui tratti erano sempre più delineati, tanto da incarnare il suo ideale di uomo con il quale progettare il futuro. Se mai si fosse innamorata, quella persona avrebbe dovuto assomigliare a lui, al padre morto troppo giovane per serbarne un ricordo diretto.
Galeotta fu la targa a Sepino
Nonostante tutto questo gran parlare, in casa, di nonno Vincenzo, io mi sono avvicinato alla figura di nonno, quando ero grande, già medico e con due figli piccoli. Lei, mia madre, mi chiedeva spesso di approfondire la conoscenza di questa figura ingombrante, ma, si sa, occorre la maturità per capire da dove veniamo. L’occasione mi venne offerta in un tardo pomeriggio di agosto del 1956, quando mia sorella tirò via il drappo che copriva la lapide che a Sepino, ricorda la casa natale dello scopritore della Penicillina.
Il diario che mi fece venire la pelle d’oca
Fu un lampo, un bagliore fuori dal tempo, la scintilla dell’immortalità. Da quel momento cominciò la corsa inarrestabile a conoscere tutto di nonno Vincenzo. E quando, anni dopo, Annalisa Cariglio, segretaria di Andrea Camilleri, mi chiese di rileggere il Diario di nonno e di riscriverlo, il miracolo si compì. In quella casa in cui lui aveva abitato, mentre trascrivevo ciò che aveva vergato a mano su quelle pagine ingiallite, fui colto dalla pelle d’oca. Non ero più io, e mi sentivo sempre più in lui.
* Giulio Capone, medico specializzato in Dermatologia
I ricordi a puntate di Giulio Capone da Sepino a Roma e altri scritti
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