Un’organizzazione illecita, legata alla camorra, aveva scelto il tratto di litorale tra Termoli e Campomarino per lo smaltimento abusivo di rifiuti speciali e pericolosi provenienti da diverse regioni del Nord Italia. Un giro illecito che aveva coinvolto Piemonte, Veneto, Toscana, Lazio, Campania, Molise, Puglia: 7 regioni e 15 province. Secondo un’indagine di Legambiente si tratta di 120 tonnellate di rifiuti speciali provenienti da industrie metallurgiche e siderurgiche, 6 aree interessate, 320 tonnellate di manto stradale dismesso ad alta densità catramosa, un impianto di movimento terra, 2 Silos da 1.200 quintali contenenti rifiuti di tipo biomassa, 4 ettari di terreno nei pressi del litorale dove sono sepolti rifiuti pericolosi, 9.000 chili di grano contenenti un’elevata concentrazione di cromo. I Carabinieri del Ros e del Noe, su ordine della Procura di Larino, nel 2004 hanno sgominato un’attività criminale che da tempo interessava le coste molisane. Sono finite in carcere 7 persone e 14 sono state indagate, tutte con la l’accusa di associazione a delinquere finalizzata alla gestione e traffico illecito di rifiuti pericolosi. Ma non ci sono arresti illustri, invece, per le ceneri radioattive bruciate a Bojano, insieme a tonnellate di rifiuti tossici, pericolosi, ecotossici e teratogeni, come ha accertato un’altra indagine disposta dal Tribunale di Campobasso su denuncia dei cittadini. Secondo il rapporto Ecomafia 2007 di Legambiente, il giro d’affari delle associazioni criminali interessate al traffico e smaltimento illegale di rifiuti e all’abusivismo edilizio di larga scala. sarebbe stimabile in circa 23 miliardi di euro all’anno. Le regioni in cui si registrano il maggior numero di reati ambientali sono, nell’ordine: Campania, Sicilia, Calabria e Puglia, le stesse in cui sono presenti le principali organizzazioni mafiose italiane. Il fenomeno delle ecomafie costituisce un esempio di strategia della criminalità organizzata di tipo mafioso che si è adeguata alle nuove frontiere delle moderne attività imprenditoriali. Le organizzazioni mafiose si inseriscono in qualsiasi traffico, lecito o illecito, purché redditizio, così come ha accertato il Corso di analisi e metogolodia criminologia che si è chiuso di recente a Campobasso, gestito dal Laboratorio Italiano di Criminologia. I cicli del cemento e dei rifiuti, nel nostro paese, rappresentano due ambiti di attività per cui cresce l’allarme sociale, e perché costituiscono il campo d’azione delle ecomafie. In particolare ci sono delle aree specifiche dove l’iniziale coinvolgimento di gruppi appartenenti alla criminalità organizzata, avendo a disposizione nel territorio cave, terreni a basso costo di manodopera, ha favorito il rapido decollo di un vero e proprio mercato illegale. Osservando tale mercato ci si accorge che, accanto agli esponenti di famiglie mafiose, si trovano persone senza precedenti, imprese legali, uomini d’affari, funzionari pubblici, mediatori, operatori nel settore dei rifiuti, tecnici di laboratorio, imprenditori nel settore dei trasporti. L’affare rifiuti, dunque, non è semplicemente il frutto di un’attività criminale occasionale, ma è legato ad alcuni settori del mondo produttivo, sia locale sia nazionale, desiderosi di ridurre i costi aumentando i profitti, violando le leggi ma, soprattutto, a discapito dei cittadini. Gli eco criminali non hanno più bisogno di scavare enormi buche stringendo accordi con la criminalità organizzata. I “maghi” dei rifiuti, come il chimico di turno che predispone un formulario o un certificato di analisi falso, o come i funzionari pubblici pronti a chiudere più di un occhio dietro adeguata ricompensa, sono in grado di garantire la “ripulitura” di interi carichi pericolosi, che poi finiscono smaltiti in impianti non idonei, alla luce del sole. D’altronde a Bojano sono state bruciate per anni, pressoché alla luce del sole, tonnellate di rifiuti tossici, pericolosi, ecotossici, teratogeni, per non parlare delle ceneri radioattive della Centrale Enel di Brindisi. Per aver bruciato quelle ceneri radioattive la Laterlite non è più perseguibile, a quanto pare, dato che in Italia l’attentato alla pubblica incolumità ha una scadenza, come il latte venduto nei banchi frigo dei supermercati. La vita umana ha un diritto a tempo, oltre la “data di scadenza” non ci sono più ragioni che tengano. Il giudice del Tribunale di Campobasso, Giovanni Falcione, coadiuvato dal Pm, Rossana Venditti, hanno condannato l’azienda di Boscopopolo, sponsorizzata proprio da Legambiente, a risarcire la Provincia di Campobasso, che si era costituita in giudizio, del danno ambientale subito, per un importo di 200.000 euro. Ha vinto la sua battaglia Antonello Di Iorio, uno dei cittadini che aveva combattuto la sua difficile battaglia, grazie all’avvocato Alfonso Mainelli, contro il colosso della Leca e che ha visto decimata la propria famiglia, colpita da patologie tumorali. Ma è una triste vittoria, quella di chi ottiene giustizia quando è ormai troppo tardi. Tutti gli altri, quelli che subiranno le conseguenze nefaste della radioattività non saranno risarciti. Per loro, la data di scadenza è stata superata.
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