Università Bocconi spia studenti durante gli esami. La multa è di oltre 200mila euro per aver violato la privacy degli studenti, senza il loro consenso. Il Garante della Privacy ha giudicato il sistema di supervisione degli insegnanti troppo invasiva. Negli Stati Uniti, i dipendenti in smartworking raccontano le loro esperienze dietro al computer
Università Bocconi spia studenti attraverso due software: LockDown Browser e Respondus monitor. Il primo blocca i dispositivi elettronici degli studenti, in modo da impedirgli di falsare i test e accedere ad altre pagine. Il secondo, invece, cattura i volti degli studenti; quindi, se lo studente esce dall’inquadratura o guarda altrove viene beccato con il riconoscimento facciale.
Università Bocconi spia studenti
All’Università Bocconi toccherà pagare una multa di 200mila euro per aver spiato gli studenti. A sollevare la questione al Garante è stato Joseph Donat Bolton, studente inglese che si è laureato lo scorso luglio. Il provvedimento del Garante sottolinea che questi software “non devono essere indebitamente invasivi e comportare un monitoraggio dello studente eccedente le effettive necessità”. Nelle informazioni per sostenere gli esami, sul sito della Bocconi, non risulta esserci alcuna menzione che parla di fotografie scattate dal sistema all’inizio dell’esame agli studenti. La foto verrebbe scattata nel momento in cui allo studente viene chiesto di mostrare il documento d’identità e di mostrare l’ambiente dove sta svolgendo l’esame. “Il testo – afferma il Garante – non indica gli specifici tempi di conservazione dei dati personali e che i dati personali sono oggetto di trasferimento negli Stati Uniti d’America. Il trattamento posto in essere dall’ateneo non può ritenersi conforme al principio di liceità, trasparenza e correttezza”.
Market Research Future
La Bocconi non è l’unica ad aver violato la privacy, ci sono molte università negli Stati Uniti. Oltre alle università anche le persone coinvolte nello smartworking, a causa della pandemia, si sono ritrovate nella stessa posizione degli studenti. Secondo delle ricerche di Market Reasearch Future “il settore del monitoraggio dovrebbe crescere fino a raggiungere un mercato da 3,84 miliardi di dollari entro il 2023. Le aziende, sentendo il bisogno di garantire che la produttività non diminuisca durante il lavoro da casa, si rivolgono a società come ActivTrak, Hubstaff e InterGuard, che acquisiscono schermate dei computer dei lavoratori e catalogano per quanto tempo i dipendenti utilizzano determinati programmi. Alcuni di questi programmi, come Teramind, consentono ai datori di lavoro addirittura di guardare in tempo reale cosa fanno i lavoratori sui loro schermi, comprese le loro pubblicazioni sui social.”
Anche dopo la pandemia?
Secondo il Washington Post, i datori di lavoro non smetteranno di controllare i lavoratori neanche dopo la fine della pandemia. “Ti stai concentrando – la storia di Kerrie Krutchik, avvocato di 34 anni – e la tua mente pensa di essere spiata tutto il tempo: è stressante. Mentre stai analizzando un documento, non sai chi stia analizzando te.” In ogni minuto della sua giornata lavorativa, mentre lavorava davanti al suo schermo avrebbe avuto a che fare con il riconoscimento facciale. Continua a raccontare: “se guardavo troppo a lungo in un’altra direzione o mi muovevo troppo sulla sedia, avrei dovuto ricominciare daccapo e scannerizzare di nuovo il mio volto in tre angolazioni diverse, un processo che ho finito per fare diverse volte al giorno.” Dopo due settimane di incubo, si è licenziata, poiché non riusciva ad accettare questo tipo di sorveglianza invasiva.
Un’altra testimonianza
Una dipendente di una start-up bancaria ha testimoniato al giornale, Washington Post, di essere stata licenziata dopo aver rifiutato di scaricare Hubstaff, applicazione di sorveglianza. Hubstaff è un programma che traccia la produttività registrando sequenze di tasti e facendo screenshot. La dipendente racconta: “avevo troppe informazioni sul mio computer: tutte le mie password, le email del mio medico. Non volevo che altri avessero accesso a questi dati. A loro semplicemente non importava più del lavoro.”
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