Matese Friend Festival, successo stratosferico. A Bojano in 16mila per il rap, folk, jazz, sound, liric, classic

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16 mila persone per l’edizione 2016 a Bojano. Evento non solo da ripetere, ma addirittura da esportare. È il caso di Montecilfone. Perché si chiama così. INTERVISTA ESCLUSIVA UMDI a Fabrizio Russo e Roberto Napolitano della Riserva Moac: rap, folk, jazz, sound, liric, classic. Sul prato erboso del Parco Colagrosso ancora aleggiano le immagini di Yuri che fa le sopracciglia con lo spago, di Saxes che balla nel video di presentazione dell’album “Babilonia”, le ragazze che fanno le treccine, Tamba il nigeriano nella postazione dj, Eliana, interpellata da tutti per qualsiasi cosa , Omar, Walter. E poi gli insospettabili, famiglie e professionisti di Bojano che mai avremmo pensato a pranzo assieme con gli africani, sotto il palco a cantare e ad inneggiare, affascinati da freakkettoni col pedigree quali i Terrakota. Importante offrire un’alternativa alle persone. I gusti massificati sono solo il risultato di un’offerta massificata. La dedica a Franco Di Rienzo.

(UMDI-UNMONDODITALIANI) Successo oltre ogni aspettativa, tre giorni e tre notti di musica, cultura, integrazione, band da urlo, atmosfere  rap, folk, jazz, sound, liric, classic performance. Il Matese Friend Festival edizione 2016 ha calamitato sulla città di Bojano 16 mila persone, giovani e meno giovani, provenienti da tutta Italia, gruppi musicali giunti persino dall’estero, per quest’appuntamento, che si inserisce pienamente nella programmazione dei Festival europei. Tra gli artisti che si sono esibiti sul palco della main area di Palazzo Colagrosso, i Riserva Moac, gruppo bojanese con alle spalle un notevole successo e la partecipazione a Sanremo, fondato nel 2002 da nove musicisti molisani, che hanno rielaborato in maniera originale il folk rock italiano e il Balkan beat, utilizzando strumenti acustici come la fisarmonica e soprattutto i fiati (basso tuba, tromba, sax e aerofoni etnici) insieme alla sezione rock composta da basso, chitarra, batteria, unendo così ritmiche e strumenti da tutto il mondo. Il gruppo è composto da Fabrizio  “Pacha Mama” Russo – voce; Mariangela “Maya” Pavone – voce; Roberto Napoletano – percussioni, fisarmonica, voce; Patrizio Forte – basso elettrico; Mario Evangelista – chitarra elettrica, chitarra acustica, mandolino, dobro, banjo; Graziano Carbone – batteria, programmazioni; Antonio Scioli – basso tuba e aerofoni etnici; Alessio Lalli – tromba e flicorno soprano; Vladimiro D’Amico – sax alto, tenore e baritono. Nella redazione di un mondo di italiani sono stati ospitati Fabrizio Russo e Roberto Napolitano della Riserva Moac per un’intervista esclusiva post festival.

Un bilancio di questo Matese Friend Festival targato 2016 di cui tanto si è parlato e che continua a far parlare di sè?

“Sicuramente positivo. Oltretutto si è trattato di una ripartenza voluta da Roberto Napolitano. Si sentiva che mancava qualcosa nella programmazione dell’Agosto Bojanese. L’ultimo Friend Festival c’era stato nel 2010: una parabola ascendente rimasta tronca, che oggi ha ritrovato il suo punto di massima per continuare l’espansione nelle prossime edizioni. Ormai abbiamo cominciato, la risposta è stata incredibile, e non ci fermeremo più”.

Quest’anno avete lavorato in sinergia con le associazioni locali.

“Si, si è trattato di un primo lavoro di collaborazione più incisivo rispetto al passato, con il coinvolgimento di tutta la città, comprese le zone decentrate, che hanno partecipato con le street area. Determinante la collaborazione di talune associazioni, di tanti amici, persone singole, fan e i volontari del servizio civile Progetto Turchese”.

Quando avete pensato che era giunta l’ora di ripartire?

“Intorno ai mesi di aprile marzo ha preso piede l’idea, abbiamo cominciato a ragionarci su. Poiché era vicino il ricambio elettorale abbiamo atteso la nuova amministrazione per avere i nuovi referenti”.

Artisti affermati e artisti emergenti, assieme a riscaldare le notti d’agosto.

“Io non parlerei di affermati ed emergenti. L’idea del Festival, mutuata dalla rete di Festival di stampo europeo, è quella di offrire eventi nuovi. Non importa chi stia suonando, ma la qualità, la programmazione culturale. Abbiamo portato elementi innovativi, come l’area rap, la street area, artisti come i Terrakota. Inoltre sono piaciute tantissimo le proiezioni cinematografiche, le mostre fotografiche, i concerti di musica classica a Palazzo Santoro che, grazie al maestro Enzo Oliva, hanno registrato il pienone tutte le sere, i pranzi sociali, i laboratori per bambini, la partita di calcio no frontiere, la rappresentazione del matrimonio afgano, convegni, workshop.”

A proposito del pranzo sociale, un’idea che ha trovato la risposta entusiastica della gente.

“L’idea è stata inserita all’interno di un contesto tematico più ampio: quello dell’integrazione. In effetti è stato questo il centro motore del Festival nofrontiere. Con l’edizione 2016 del Matese Friend Festival, volevamo dare un segnale forte di apertura, con l’inclusione dei centri di accoglienza dei migranti per adulti e minori che si trovano a Bojano. Da questi amici giunti dall’Africa abbiamo ascoltato storie drammatiche, storie da film dell’orrore. Nei giorni del Festival e in quelli che l’hanno preceduto i rifugiati hanno lavorato, hanno vissuto con noi, hanno partecipato attivamente a tutti gli eventi. Con i pranzi sociali è caduto più di qualche muro, la gente ha cambiato il proprio modo di pensare, sono stati dei momenti bellissimi. Sia a pranzo che a cena tutta la cittadinanza è stata vicina al festival e ha partecipato con entusiasmo, gomito a gomito con persone provenienti da ogni angolo d’Italia. Sono stati proprio i migranti, grazie all’intercessione dei mediatori, a creare i piatti con la cucina tipica di quelle zone: africana, afgana, pakistana, magrebina”.

Integrazione, dunque, come leit motiv del Festival?

“Si tratta di un tema che portiamo avanti da quando esiste la Riserva Moac. Adesso un seme è stato lanciato; gli ospiti dei centri si sono impegnati. Per loro poteva esse un’occasione di riscatto e lo è stato”.

Qualche nota di colore, qualche nome o episodio.

“Il Festival si è rivelato una vera e propria festa senza soluzione di continuità. Tantissimi gli episodi, le storie che si sono intrecciate in back stage, sul palco, in cucina, nelle varie aree. Sul prato erboso del Parco Colagrosso ancora aleggiano le immagini di Yuri fa le sopracciglia con lo spago, di Saxes che balla nel video di presentazione del nostro album “Babilonia”, ragazze che fanno treccine, Tamba il nigeriano nella postazione dj, Eliana che non si è fermata mai, costretta a prendere decisioni all’istante, interpellata da tutti per qualsiasi cosa. E poi gli insospettabili, famiglie e professionisti di Bojano che mai avremmo pensato a pranzo assieme con gli africani, sotto il palco a cantare e ad inneggiare, affascinati da freakkettoni col pedigree quali i Terrakota. Tutto ciò ci può far riflettere su quanto sia importante offrire un’alternativa alle persone. I gusti massificati sono solo il risultato di un’offerta massificata”.

Un evento da ripetere?

“Assolutamente sì. Ormai siamo partiti e non ci fermiamo più. Abbiamo previsto un check per metà settembre, per fare il punto della situazione, per tirare le somme e cominciare a programmare di nuovo, tenendo conto dell’entusiasmo manifestato da tanti che desiderano entrare nella struttura organizzativa. Un evento non solo da ripetere, ma addirittura da esportare. È il caso di Montecilfone, che ha mutuato il format del festival ripetendolo sul proprio territorio”.

Quante edizioni?

“Questa è la settima. Abbiamo svolto 2 edizioni a Colle D’Anchise. E con questa cinque a Bojano”.

Uno spazio è stato dedicato ai bambini.

“Il laboratorio creativo ha avuto un enorme successo. I bambini hanno partecipato in massa, con l’entusiasmo tipico della loro età, riempendo gli spazi pomeridiani. Interessante la danza degli aquiloni, le arti pittoriche, il popup costruiamo un libro.”

Ringraziamenti?

“A tutti, ma proprio a tutti quelli che hanno collaborato, che sarebbe troppo lungo elencare uno per uno, ma che ringrazieremo singolarmente con una cena di arrivederci. Per quanto riguarda le istituzioni, ringraziamo l’amministrazione comunale di Bojano e il delegato alla Cultura della Regione Molise, Nico Ioffredi, la proprietà del Palazzo Santoro e il gestore, l’ing. De Fabritiis.

Un festival con un pizzico di magia.

“Esatto. Nella cornice del festival tutto si amplifica, ogni cosa diventa più bella e direi quasi magica. In tutto questo si inserisce il miracolo dell’area classica dedicata a Franco Di Rienzo. L’intitolazione all’amico scomparso era nell’aria da sempre. Proprio la scelta di integrare il festival con delle serate dedicate alla musica classica deriva dalla volontà di far sì che il nome di Franco Di Rienzo rimanesse per sempre legato al festival che insieme a lui abbiamo ideato.”

Se doveste definire l’esperienza del festival con una parola?

“Definirlo con una sola parola è impossibile. Sulle magliette che utilizziamo durante gli eventi c’è scritto “è stato bello”. Io direi questa volta “è stato bellissimo”. Il Matese Friends Festival è durato 20 ore ogni giorno, una full immersion, musica, cultura e sociale a 360 gradi, al pari di qualsiasi festival europeo.”

Che strumento avete utilizzato per divulgare l’evento?

“Tutto si gioca sui social. Esiste un popolo dei festival che si scambia continuamente informazioni sui vari eventi in programma. Il format, dunque, è quello europeo.

Da cosa deriva il nome del Matese Friends Festival?

“Abbiamo voluto mettere al centro della nostra idea il territorio, ciò che ci caratterizza. Il Matese è il simbolo e il fulcro della nostra appartenenza e oggi è il Matese a identificare un festival che è uscito fuori dai confini locali, regionali e nazionali, per diventare a pieno titolo un Festival Europeo.”

Progetti per il futuro?

“Un’edizione 2017, 2018, 2019 e via dicendo, sempre in crescendo.”

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