Armenia invasa da Azerbaigian: uno stratagemma per sollecitare la reazione del paese caucasico. L’Unione Armeni d’Italia bacchetta giornali e giornalisti, nonché le agenzie di stampa compiacenti e denuncia l’aggressione dell’Azerbaigian contro la Repubblica d’Armenia. La gente muore mentre il mondo è distratto da altro
Armenia invasa da Azerbaigian, secondo una lettura dei fatti del 12 luglio 2020. Di certo vi è che sono ripresi, dopo una breve tregua, gli scontri armati al confine fra Armenia e Azerbaigian. Mentre il ministero della difesa di Yerevan afferma che le forze azere stanno “bombardando villaggi armeni con mortai e cannoni”, il ministero della difesa di Baku, passa al contrattacco mediatico dicendo che sono ripresi gli scontri dopo che “gli armeni hanno bersagliato villaggi azeri”. Ma l’Unione Armeni d’Italia non ci sta.
Armenia invasa da Azerbaigian secondo l’Unione degli Armeni d’Italia
“Il 12 luglio 2020 un gruppo di soldati azeri, a bordo di un veicolo militare – precisa il Presidente dell’Unione degli Armeni d’Italia, Baykar Sivazliyan – ha tentato di penetrare nella zona Nord-Est del territorio armeno, nella provincia di Tavush. Aiutato da un fuoco di sbarramento delle artiglierie azere, con l’intento di prendere la postazione tenuta dai giovani soldati di leva armeni. In seguito alla risposta della parte armena, il gruppo di soldati azeri, delle truppe speciali del Paese, ha dovuto ritirarsi, lasciando sul campo numerosi morti e feriti gravi, fra i quali un generale e un colonnello delle forze armate.
Armenia invasa da Azerbaigian: bombe e carri armati contro i civili
“Artiglieria pesante, carri armati, bombardamenti mirati ai villaggi e alla popolazione civile armena. Le forze armate azere, come è loro consuetudine, hanno schierato l’esercito vicino ad un insediamento di civili, circondando la propria popolazione con batterie di artiglieria e mettendola in pericolo. L’obiettivo era quello di provocare le forze armate armene, che in risposta alle provocazioni avrebbero sparato in quella direzione” spiega la nota degli Armeni italiani.
Inascoltato il cessate il fuoco dell’ONU
“La tregua firmata fra le parti alla fine del conflitto del 1993, con la garanzia del gruppo di Minsk (USA, Russia e Francia), viene costantemente violata dall’Azerbaigian da anni. – si infervora Baykar Sivazliyan – Dopo i tentativi della Turchia, importante alleata dell’Azerbaigian, di provocare instabilità nella regione, l’invocazione da parte degli azeri di una guerra contro l’Armenia rappresenta una grave mossa irresponsabile, oltretutto considerando la richiesta del Segretario Generale delle Nazioni Unite per il cessate il fuoco globale per via della pandemia del COVID-19”.
Giornali e stampa manipolati
“All’estero – prosegue – siamo costretti ad assistere a una rozza manipolazione delle notizie da parte di alcuni organi di stampa chiaramente schierati. A proposito della sfera dei media internazionali, abbiamo assistito al lavoro di alcune testate giornalistiche che, cadendo nel tranello azero-turco, hanno cercato di ricostruire l’accaduto come se fossero stati gli Armeni ad attaccare per primi. Gli Armeni non sono interessati a territori azeri.. L’Azerbaigian, Paese che deve la sua ricchezza e il suo esercito ai proventi dei petroldollari, viola sistematicamente la tregua e strumentalizza a fini provocatori la propria popolazione civile”
Noi Armeni siamo un Paese pacifico che rifiuta la violenza
Armenia invasa da Azerbaigian, mentre il mondo sta a guardare. “Desideriamo ribadire – incalza Sivazliyan – che gli Armeni sono un popolo pacifico, che rifiuta la violenza come arma di soluzione dei conflitti. Da sempre auspichiamo il coinvolgimento delle diplomazie per la salvaguardia della pace e per la soluzione giusta dei problemi del Caucaso. Gli Armeni da anni sono vittime della politica distruttiva del nazionalismo turco ed oggi questa realtà ci viene imposta attraverso l’alleanza e la collaborazione con l’Azerbaigian”.
Dagli all’untore: per distrarre il popolo panem et circenses
Sivazliyan tocca un argomento di grande attualità e di lunga storicità. Panem et circenses è la celeberrima espressione di Giovenale, nelle Satire, con la quale il poeta e retore latino indicava i due elementi necessari e sufficienti a tener “buono” il popolo di Roma: pane e divertimento, svago, distrazione. Non serve andare a guardare i sistemi totalitari, basta leggere la realtà che ci circonda ogni giorno. Ci renderemo conto che la politica si fa spesso, impunemente, demagogica, mette in agenda argomenti di discussione come strumento per distrarre i cittadini dai problemi reali. “Sappiamo tutti – scrive il portavoce degli Armeni in Italia – che i sistemi autoritari, nei periodi di crisi, tentano di distogliere l’attenzione dei propri cittadini dalle questioni reali del proprio Paese, individuando il nemico da colpevolizzare, rappresentato spesso da un Paese vicino”.
Un secolo dal genocidio
Armenia invasa da Azerbaigian? Possibile che nel Terzo Millennio, con le possibilità infinite di muoversi e gli strumenti tecnologici e di comunicazione siamo ancora a domandarci dove sta la verità? Il solo fatto di installare il dubbio, le opposte dichiarazioni dei governi ci lasciano senza parole. “Dopo più di un secolo di negazionismo del Genocidio Armeno da parte della Turchia, si è rafforzata la politica autoritaria del Presidente Ilham Aliyev, tesa a mantenere la stabilità interna usando come collante l’odio contro il “Nemico Armeno”, da individuare in ogni parte del mondo e reprimendo ogni tipo di dissidenza. Questo schema va ripetendosi ormai da un quarto di secolo a Baku. Un sistema fortemente corrotto istiga all’odio contro gli Armeni, rischiando di intaccare la stabilità di tutto il Caucaso”.
E la questione del Nagorno Kharabagh
“La centralizzazione del potere In Azerbaigian, come in Turchia – conclude precisa il Presidente dell’Unione degli Armeni d’Italia – è resa possibile da una forte restrizione della libertà di espressione e di ogni altro tipo di libertà proprie della democrazia. Negli ultimi anni la politica di aggressione verbale del Presidente Aliyev si è tradotta in fatti concreti: il tentativo di invasione in questi giorni della Repubblica d’Armenia e nel 2016 del Nagorno Kharabagh, territorio armeno da più di due millenni, con le sue città antiche, con le sue chiese e la sua gente autoctona”.
La bacchettata a stampa e giornali
“Siamo sinceramente stupiti nel vedere la mancanza, da parte dei Paesi europei, di interventi diretti ed efficaci tesi a frenare l’arroganza della dinastia Aliyev. Ci auguriamo che le testate giornalistiche e i singoli giornalisti possano porre maggiore attenzione e sensibilità nel discernere la realtà dei fatti all’interno delle notizie diffuse dalla controparte attraverso agenzie compiacenti”.
L’OSCE e Kaspryk
La portavoce del Ministero degli Esteri di Erevan, Naghdalyan, ha precisato che il Ministro degli Esteri armeno, in coordinamento con il Primo Ministro e il Ministro della Difesa, è in contatto costante con i copresidenti del Gruppo Minsk dell’OSCE e il rappresentante personale del Presidente in esercizio dell’OSCE, l’ambasciatore Andrzej Kasprzyk, e che Erevan condanna “le violazioni del cessate il fuoco lanciate dalle forze armate azere in direzione della regione di Tavush in Armenia.
Tavush
La regione di Tavush si trova nel nord-est dell’Armenia, al confine con la Georgia e l’Azerbaigian, a circa 170 Km dalla capitale Erevan. La regione non è tra quelle contese con l’Azerbaigian. Il Nagorno-Karabach si trova circa 1560 Km a sud di Ijevan, principale centro della regione e città natale del premier Nikol Pashinyan.
Tutto iniziò nel 1988
Il conflitto tra l’Azerbaigian e l’Armenia sul Nagorno-Karabakh ha avuto inizio nel febbraio 1988, quando la Regione autonoma del Nagorno-Karabakh annunciò il suo ritiro dalla Repubblica Socialista Sovietica dell’Azerbaigian. Durante il conflitto armato del 1992-1994, l’Azerbaigian ha perso il controllo del Nagorno-Karabakh e di sette province circostanti. Dal 1992 sono in corso negoziati per una soluzione pacifica del conflitto nell’ambito del gruppo di Minsk dell’OSCE, guidato da tre copresidenti: Russia, Stati Uniti e Francia.