Li ha messi insieme ed inviati l’Associazione “Malve di Ucraina” che si riunisce alla domenica presso la “Casa di Ramìa”, centro interculturale del Comune
Da dieci anni l’Universo Rosa più internazionale ha messo su casa a Verona. A Veronetta, zona storica della città, in via Nicola Mazza, nell’ottobre 2004 è stata aperta la “Casa di Ramìa”, centro interculturale delle donne italiane e straniere (e dei loro figli) del Comune, elemento del Servizio Cultura delle Differenze e delle Pari Opportunità. L’inaugurazione ufficiale dello spazio aggregativo ed integrativo è poi avvenuta ufficialmente il 14 gennaio 2005. Prendendo spunto da ramìa (detta anche ramiè), cioè una fibra vegetale, bianca, fine e lucente usata da migliaia d’anni nell’estremo oriente e che si ricava dai fusti di due specie di piante della famiglia delle Urticacee (Boehmeria nivea, o ramia bianca e Boehmeria utilis, o ramia verde), la “Casa” intende valorizzare e favorire l’abilità femminile nel tessere relazioni, legami, culture originali ed aperture al nuovo che coinvolgano anche i propri figli. Vuole essere anche “un luogo di scambio tra culture diverse, tra generazioni ed imprese di donne”.
Il centro è sorto dalla collaborazione con il Comune dell’Associazione “Ishtar” che contribuisce alla programmazione ed alla gestione delle attività tra cui corsi di lingue italiana ed inglese, “spazio ragazzi”, sviluppo del know how popolare delle donne, lettura, narrazione, canto e danza, supporto informativo al lavoro tramite lo Sportello Orientadonna di consulenza individuale e promozione di percorsi di gruppi d’indirizzamento ai mestieri “costruito” per le migranti.
Nella struttura comunale s’alternano secondo turni stabiliti vari organismi femminili, come Nigerian Women Association, le peruviane di Walicha, il gruppo Thapoda dello Sri Lanka. E, non ultima, l’Associazione “Malve di Ucraina”, dal nome ispirato ad un’altra pianta, appunto la Malva sylvestris. Costituitesi in associazione dal 2011, pure le esponenti dell’Ucraina, oggi tragicamente tormentata dal conflitto tra governativi di Kiev e separatisti del Donbass, ogni domenica si ritrovano presso la “Casa di Ramia” stringendosi attorno al convinto impegno della loro presidente, Ivanna Buryak. E per dar corpo al loro acceso nazionalismo “pro Porošenko & C.” che non ammette o consente repliche “oltraggiose” al concetto di ragione al 101% di quanto sta facendo il regime ucraino nei confronti dei “ribelli” del sud est del Paese.
Anzi, fanno di più. E lo mettono nero su bianco, con tanto di foto. Sia sul profilo su Facebook “Malve di Ucraina, associazione delle ucraine a Verona (Comunità)” che su quello della Buryak sullo stesso social network, infatti, è stata postata la notizia che «la comunità ucraina di Verona ha spedito di nuovo un carico umanitario destinato alla zona ATO (sanguinosa Operazione Anti-Terrorismo contro le autoproclamate repubbliche indipendentiste ). Prodotti alimentari, vestiti caldi, mezzi d’igiene personale: tutto questo aiuterà i nostri ragazzi. Abbiamo usato i fondi raccolti durante la giornata di elezioni e le donazioni dei cittadini ucraini». Ma la strada è ancora lunga: chi vuole contribuire, è benvenuto!» Il testo in lingua ucraina termina con un perentorio «Unisciti a noi. Gloria all’Ucraina!»
Solo una domanda, peraltro pertinente e legittima: ma queste generose e nazionaliste donne ucraine a Verona, sanno o no quello che stanno compiendo i “loro ragazzi” nei confronti dei civili del Donbass? O preferiscono applicare la “politica dello struzzo”?
Di Claudio Beccalossi
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