Inquinamento, prodotti chimici degli anni 70 nella Fossa delle Marianne

Ambiente

Sostanze nocive rinvenute nella Fossa delle Marianne. Gli scienziati non si sono stupiti per aver trovato i POP negli anfipodi, ma non si aspettavano di trovarne in quantità tanto elevate. Lo stesso tipo di inquinamento è stato trovato anche negli anfipodi della fossa di Kermadec, che si trova a settemila chilometri di distanza da quella delle Marianne.

(UMDI – UNMONDODITALIANI) Straordinari livelli di inquinamento nella Fossa delle Marianne, la più grande depressione oceanica conosciuta, in cui vivono crostacei contaminati da sostanze tossiche 50 volte di più dei granchi che abitano i fiumi cinesi. I ricercatori che hanno realizzato lo studio, guidati dall’ecologo marino dell’Università di Newcastle Alan Jamieson, hanno trovato due tipi di sostanze chimiche tossiche negli anfipodi della Fossa delle Marianne: entrambi sono inquinanti organici persistenti (POP), una classe di composti molto resistenti alla decomposizione, tra cui il DDT e i policlorobifenili, il cui uso fu vietato negli anni ‘70.

Grandi concentrazioni di prodotti nocivi La Fossa delle Marianne si trova nel nord-ovest nell’oceano Pacifico a est delle isole Marianne, tra Giappone, Filippine e Nuova Guinea, ed è profonda più di 10mila metri sotto il livello del mare. In passato alte concentrazioni di POP sono state  trovate nelle persone di etnia Inuit che vivono in Canada e nei corpi di orche e delfini dei mari dell’Europa occidentale. Gli scienziati non si sono stupiti per aver trovato i POP negli anfipodi, ma non si aspettavano di trovarne in quantità tanto elevate. Il livello di policlorobifenili riscontrato nei crostacei per esempio era pari a quello misurato nella baia di Suruga, in Giappone, nota per essere uno dei posti più inquinati del Pacifico.

Sistemi riproduttivi danneggiati Lo stesso tipo di inquinamento è stato trovato anche negli anfipodi della fossa di Kermadec, che si trova a settemila chilometri di distanza da quella delle Marianne. I policlorobifenili furono prodotti dagli anni 30 agli anni 70 e hanno diversi effetti negativi sugli esseri viventi; in particolare danneggiano i sistemi riproduttivi riducendo la fertilità. Dei 1,3 milioni di tonnellate che ne furono prodotti, circa un terzo è finito nell’oceano ed è possibile che in futuro questa percentuale aumenti perché molti policlorobifenili si trovano ora in vecchie discariche che non rispettano le più recenti norme di protezione ambientale.

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