A Roma il Convegno “L’altra faccia del Bullismo: da problema a opportunità”. In Italia, la casistica individua quali vittime di bullismo, il 40% degli adolescenti dagli 8 agli 11 anni. Un dato assurdo e intollerabile. Un sollecito al MIUR. Il bullismo è un fenomeno collettivo dall’ampio risvolto sociale e sociologico, dove l’attenzione corale è importante tanto quanto la sorveglianza genitoriale. Il bullo gode di popolarità, non è un leader, ma un capo che si ammanta di un potere di gruppo. L’importanza di osservare senza pregiudizi, aiuta a scoprire le risorse dell’altro. Negli USA il fenomeno è piaga. Il Convegno è stato l’ultimo atto di un lavoro realizzato dalla EARTH in collaborazione con l’Istituto ISMA e l’Istituto di Scuola Secondaria di I Grado “G. Gioacchino Belli” di Roma, che ha ospitato l’evento, ma altri primari complessi scolastici della Capitale hanno promosso il progetto. I media hanno una grande responsabilità nell’amplificare l’effetto. Una politica scolastica integrata tra scuola e famiglia, mirata a rafforzare l’autostima e le risorse dei ragazzi può aiutarli a ritornare ad essere liberi. Con l’autostima si può raggiungere ogni obiettivo
“I figli ci emulano e noi genitori siamo i loro esempi”, questo è l’esordio della dott.ssa Terry Bruno, Biologa Psicologa e Psicoterapeuta, al Convegno “L’altra faccia del Bullismo: da problema a opportunità” celebrato a Roma il 27 ottobre 2010.
Terry Bruno vanta un curriculum di pregio arricchito da una spiccata personalità che affina la sua eccellente qualità professionale. Una donna e una professionista che ci piace segnalare ai lettori per la straordinaria capacità di esprimere una scienza con raro talento e speciale umanità. Nel tema, è autrice del libro “Ho paura del Bullo” un volume di successo presentato in primavera, e sua seconda opera. E’ Presidente della EARTH, un’Associazione che fonda una scuola di formazione in ambito clinico, aziendale, criminologico, sportivo e scolastico fortemente accreditata in Italia, con sede principale in Roma, ad altissima specializzazione e qualità dei tutors.
Il Convegno è stato l’ultimo atto di un lavoro realizzato dalla EARTH in collaborazione con l’Istituto ISMA e l’Istituto di Scuola Secondaria di I Grado “G. Gioacchino Belli” di Roma, che ha ospitato l’evento, ma altri primari complessi scolastici della Capitale hanno promosso il progetto, anzi auspichiamo ben più imponenti realizzazioni verso cui sensibilizziamo le Istituzioni, particolarmente il MIUR, predisponendole a sostenerlo concretamente. Un lavoro impegnativo dedicato allo studio di un fenomeno importante qual è il bullismo deve avere risonanza e accompagnarsi all’investimento di risorse adeguate.
Ma che cosa s’intende per bullismo? Come si manifesta questo fenomeno? Come si può risolvere? Interrogativi che l’intervento della Bruno ci aiuta a capire negli aspetti delicati di un problema più grave del razzismo, delle violenze sessuali e perfino dell’uso di droghe. Un fenomeno generalmente presente nell’età scolastica, prevalentemente adolescenziale, che individua potenzialmente un futuro soggetto delinquente avviato al mobbing e allo stalking, altri fenomeni (e reati) sui quali la Bruno è competente.
Il bullo genericamente non agisce da solo ma è del terzetto che si alimenta: il bullo è il protagonista, si avvale dell’aiutante e di un subordinato. I gregari incitano il bullo appagato dal delirante consenso di superiorità. Ma chi è il bullo? L’identikit del bullo è tracciabile nel soggetto adolescenziale incapace di controllare la propria aggressività e prepotenza, a danno di una vittima configurabile in un soggetto che generalmente è portatore di una caratteristica, o debolezza, che possiamo definire diversità. Una diversità che può essere riconducibile ad una disabilità o ad una semplice e banale differenza di colore dei capelli. Addirittura una “miglior qualità” può essere il pretesto per colpire la vittima, come la capacità di essere il più bravo o il più studioso della classe. Pertanto, il bullismo non è un fenomeno riconducibile al razzismo, specialmente in una società moderna permeata dalla multiculturalità. Qualunque sia la caratteristica, tuttavia, esso è molto invalidante per la vittima perché la chiusura bullista alla sua diversità, lo rende oggetto di sfida e di aggressione da parte del carnefice. Il bullo, infatti, non prova alcun sentimento nei confronti del debole, anzi, utilizza a proprio vantaggio la sua fragilità. Importante segnalare che la vittima presenta, di norma, una scarsa stima di sé e, solitamente, è stato iper protetto nell’infanzia. Ciononostante sarà segnato indelebilmente dalla sua passività. Il bullismo è un problema comportamentale con gravi effetti negativi nell’immediato e a lungo termine. Un problema fortemente in crescita anche in Italia dove, purtroppo, la scarsa indagine conducibile su elementi periodici e di raffronti validi e comparabili, non aiuta la risoluzione di un disagio sociale che le vittime vivono nel silenzio, nella paura talora nella collettiva indifferenza.
Gli adolescenti vivono un’età complicata poiché è in atto la loro trasformazione in nuovi individui adulti. In questo transito d’identità vive la critica verso loro stessi, il loro giudicarsi, le loro esigenze. E questa critica è anche rivolta al conflitto con i genitori che, spesso, non percepiscono l’affiorare dei sintomi che si riverberano sul divenire bullo o sull’essere vittima di bullismo. Paradossalmente, la stessa medaglia. La responsabilità dei genitori è importante perché sono modello per i figli e perché, se indifferenti o incapaci di fermare un comportamento aggressivo della prole, i figli possono non capire il limite e, quindi, attivare quel meccanismo di sfida con se stessi e avviare l’impulso trasgressivo di lotta e prepotenza che il bullo presenta nel fornire prova di coraggio e violenza estrema, talvolta in sfida alla morte. Una morte psicologica perché, appunto, l’infanzia non c’è più e una morte fisica quando la sfida induce alla pericolosità e al rischio in prove estreme che possono essere fatali alla vita. Antropologicamente, l’uomo ha superato tempi riconducibili al timing di trapasso dello sviluppo: un esempio, è rappresentato dai riti d’iniziazione, ancora drammaticamente in uso in società tribali, oppure a quello di recente passato nel servizio di leva, o il fidanzamento, tutti quali sociali varchi dell’età adulta. Questo processo, nel nostro contesto post moderno, è più difficilmente individualizzabile e capire cosa vive all’interno dell’adolescente è più complicato, anche alla luce dell’impatto mediatico che fenomeni di bullismo creano sulla società: i media hanno una grande responsabilità nell’amplificare l’effetto e poca, invece, nel provocare la riflessione. Difatti, la prima reazione normalmente è l’indignazione collettiva dell’episodio e del contesto in cui è consumato, maggiormente in ambiente scolastico. Si tenta di giustificare il bullismo nell’ordine morale, nella distorsione delle conseguenze, nella diffusione delle responsabilità (che attenuano l’autore della colpa) e nella loro dislocazione che, in sito scolastico, sono ovviamente riconducibili agli insegnanti. Niente di più errato: il bullismo è un fenomeno collettivo dall’ampio risvolto sociale e sociologico, dove l’attenzione corale è importante tanto quanto la sorveglianza genitoriale. Il bullo gode di popolarità, non è un leader ma è un capo che si ammanta di un potere di gruppo. Esercita la sua supremazia con la forza, spogliato di ogni umanità nei confronti della vittima verso la quale attua una vera e propria deliberata e persistente strategia di prevaricazione, di emarginazione e di violenza fisica e psicologica. Un effetto devastante che la vittima somatizza silenziosamente in paura, ansia, fino a decadere in depressione.
In Italia, la casistica individua quali vittime di bullismo, il 40% degli adolescenti dagli 8 agli 11 anni. Un dato assurdo e intollerabile. Esistono fenomeni di bullismo perfino nella scuola materna, mentre decresce con l’avanzare dell’età divenendo un fenomeno tuttavia più subdolo e pericoloso nella forma, perché dal “fisico”, il bullismo, si fa “psicologico” più marcato nei gradi scolastici superiori: all’età liceale, infatti, è più grave l’emarginazione e il suicidio.
Bisogna agire quindi e rapidamente.
Nel Mondo, particolarmente negli USA dove il fenomeno è piaga, alcuni Stati hanno approvato delle leggi che infliggono la punizione e sono largamente strumento d’informazione per studenti, genitori e docenti.
“L’attività di questo lavoro, e particolarmente della EARTH – ci spiega la dott.ssa Terry Bruno – è dedicata alla prevenzione. Una sfida in campo educativo, di cooperazione, di solidarietà e di dialogo, che possa fornire ai ragazzi gli strumenti necessari allo sviluppo della loro personalità che nella fase adolescenziale abbiamo compreso essere decisivo”.
La Presidente della EARTH ci illustra poi le linee guida dei processi essenziali: la coesione del gruppo “classe” quale luogo relazionale primario per i ragazzi ed elemento prioritario di azione; si è visto, infatti, che gruppi classi coesi sono vittoriosi sulla prepotenza del bullo, consentono l’individuazione dell’isolato e circoscrivono l’azione di bullismo lasciando emergere il comportamento aggressivo e prepotente sul quale è possibile la repressione da parte del corpo docente. Quest’ultimo è altro soggetto essenziale all’attività di prevenzione. Una politica scolastica integrata tra scuola e famiglia, mirata a rafforzare l’autostima e le risorse dei ragazzi può aiutarli a ritornare ad essere liberi. Strategie dirette e indirette sono descritte dalla Bruno con minuziosità scientifica: ripristino della giustizia, repressione del prepotente, sostegno della vittima. Ma anche la relazione socio-affettiva e l’educazione morale concorrono indirettamente a combattere il pericoloso fenomeno, e in questa direzione, ci permettiamo di sollecitare l’impegno di tutta la società. Nell’illustrazione audiovisiva, prodotta dai collaboratori della EARTH, numerosi sono stati i filmati proposti dal forte impatto visivo ed istruttivo. Hanno impressionato immagini risaltate con sovra espressioni incisive quali “l’importanza di osservare senza pregiudizi, aiuta a scoprire le risorse dell’altro” che dedichiamo ai bulli, e altre massime sulle quali speriamo tutte le vittime trovino la forza di reagire del tipo “con l’autostima si può raggiungere ogni obiettivo” e volare verso la sconfitta del terribile Capitan Uncino, come ha suggestivamente mostrato la riscossa del famoso Peter Pan (uno dei filmati più intensi).
Al termine dell’intervento della dott.ssa Bruno, si sono succeduti diversi interventi: docenti, genitori, un ex bullo e un ex vittima, che hanno rafforzato l’importanza del problema e l’esito del lavoro svolto attraverso la loro esperienza e il loro vissuto. Nel dibattito, tra i numerosi partecipanti, hanno preso la parola anche i protagonisti meno attesi, i ragazzi, desiderosi di affermare che i loro “no” all’educazione dei genitori non sia compreso unicamente come risposta negativa, ma interpretato come reale desiderio di confronto. Ascoltarli, forse, può aiutarci a capire e certamente a meglio conoscerli. Proviamoci, tutti.
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