In questa notte di festeggiamenti un pensiero va a chi 33 anni fa venne rapito per mano delle Br: Aldo Moro. Ma va anche a coloro che per cercare di difenderlo persero la vita: Domenico Ricci, Oreste Leonardi, Francesco Zizzi, Giulio Rivera e Raffaele Iozzino. Questa è anche la notte del Presidente della Democrazia Cristiana e di cinque persone, poliziotti e carabinieri che hanno dato la loro vita per proteggerlo: eroi del quotidiano, dimenticati spesso troppo in fretta. Ragazzi semplici, padri affettuosi, mariti presenti, figli e fratelli adorati. Carabinieri e poliziotti con un forte senso di responsabilità nei confronti del servizio e dello Stato, uccisi mentre compivano il loro dovere
Al via, anche se sotto una pioggia battente, i festeggiamenti della Notte Tricolore. Ma in questo giorno, e non solo, è giusto ricordare chi non c’è più. Chi è scomparso segnando un pezzo importante della nostra stessa storia e memoria. Ricordando chi cercò, e chi lo fa oggi, di difendere la vita altrui perdendo la propria.
Trentatré anni fa l’Italia ascoltava la notizia del rapimento di Aldo Moro.
Il 16 marzo 1978 gli uomini della scorta di Moro, Domenico Ricci, Oreste Leonardi, Francesco Zizzi, Giulio Rivera e Raffaele Iozzino, vengono uccisi da un comando delle Brigate Rosse all’incrocio tra via Fani e via Stresa, a Roma.
Massacrata la scorta il commando di brigatisti portò il presidente della Democrazia Cristiana nella prigione di via Montalcini dove rimase per 55 giorni. Lì scrisse il memoriale mai diffuso dalle Brigate Rosse ma ritrovato poi durante le indagini. E lì, sempre stando al racconto dei suoi carcerieri, venne ucciso e trasportato in via Caetani, nelle vicinanze di piazzale Argentina.
Stamattina sul luogo del drammatico avvenimento, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta, il prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro, il questore della capitale Francesco Tagliente, il segretario e il presidente del Partito democratico Pier Luigi Bersani e Rosy Bindi e il segretario dell’Udc Lorenzo Cesa hanno deposto alcune corone d’alloro.
Alla cerimonia, in occasione del 33mo anniversario dell’evento, erano presenti anche il presidente della Regione Lazio Renata Polverini, il vicesindaco di Roma Mauro Cutrufo e la presidente del consiglio provinciale Giuseppina Maturani. “Ricordare il percorso della nostra vicenda democratica – ha detto Bersani – è l’unico modo per cercare di avere le idee più chiare su come andare avanti. Questa vicenda si consumò drammaticamente in una fase che forse può considerarsi l’ultimo tentativo di ridare ai partiti nati dalla vicenda costituzionale una prospettiva che fosse utile al rinnovamento dell’Italia. Quella vicenda finì qui, in via Fani. Da allora si aprì una fase diversa della politica italiana, un vuoto d’aria”. “Per questo – ha concluso il segretario del Pd – noi dobbiamo riprendere il filo di un rinnovamento della democrazia. Non abbiamo chiuso questa lunghissima transizione”. “Sono cresciuto con queste cerimonie – ha detto Cutrufo – e il ricordo di Moro non è mai cessato. Non si sopisce il dolore per una perdita così importante di un uomo che avrebbe dato una svolta alla politica di quei tempi, non solo a livello nazionale ma anche europeo”.
Il Presidente Emerito della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi ha voluto ricordare Aldo Moro in termini di fiducia.
“Fiducia – ha dichiarato – che è altro da un’ingenuità credula; è piuttosto, disposizione d’animo a dare credito al prossimo e a se stessi per impegnarsi a superare insieme le difficoltà, ad affrontare situazioni complesse con una visione complessiva. Ci si può riuscire in questo intento anche con un’operazione di verità, perché non basta ricordare se non si riflette su elementi certi ed utili a formare una memoria condivisa. Solo per fare un esempio, oggi 16 marzo ricorre il 33mo anniversario del rapimento di Aldo Moro e dell’assassinio dei cinque uomini della sua scorta in via Mario Fani a Roma. Di quell’avvenimento, dei tremendi giorni che ne seguirono,di tutta quell’epoca non si è fatta tuttora completa chiarezza”.
Per Di Mario “non è vero che di quei fatti tutto è risaputo ed è necessario invece che tutta la verità venga confessata a partire dagli autori materiali di quelle tragedie. Anche da questa ricerca di verità passa la condivisione unitaria nel Paese. Anche così l’Italia si desta”.
di Stefania Paradiso
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