Le Iene: scenari infernali e atrocità in prima serata. Dietro le quinte degli allevamenti intensivi

Attualità

Animali da reddito (così chiamati dai più) come vengono allevati in Italia? Le Iene mostrano i retroscena e le atrocità degli allevamenti in Lombardia. Il nucleo investigativo Free John Doe: “Attraverso la collaborazione con le Iene abbiamo potuto mostrare a milioni di italiani “chi” sono e le miserabili condizioni in cui sono costretti a vivere questi individui che poi, una volta trasformati in prodotti, vengono messi sul piatto”

(UMDI-UNMONDODITALIANI) Le Iene svelano ancora una volta retroscena e verità nascoste, in servizio diretto da Nina Palmieri dal titolo: “Sappiamo da dove viene quello che mangiamo?”. In meno di 24 ore 426.000 visualizzazioni per il video che mostra le terribili condizioni e le gravi situazioni igienico-sanitarie riscontrate in un allevamento intensivo di maiali in Lombardia. Si tratta del primo servizio che la storica trasmissione di Italia1, in prima serata, dedica a questo tema, come cioè vengono allevati in Italia i cosiddetti animali da reddito. I materiali fotografici e video mostrati durante la trasmissione si riferiscono ad una investigazione del team investigativo denominato “Free John Doe”: alcuni elementi del team si sono infiltrati in un allevamento della provincia di Cremona, trovandosi davanti ad uno scenario infernale in cui versavano circa 14.000 suinetti e giovani maiali, suddivisi in due capannoni; animali destinati a fornire la carne per la produzione di insaccati dell’eccellenza italiana esportata poi in tutto il mondo. Arrivano di pochi mesi, i suinetti appena nati e da svezzare, con la coda già mozzata e denti tagliati (probabilmente senza anestesia come rivelato da una recente indagine della Lav), stipati fino a 7000 elementi in capannoni dove dovranno raggiungere, in altrettanti pochi mesi di vita, quintali di chili di peso per essere destinati, per la maggior parte di loro, alla trasformazione in prodotti o insaccati definiti d’eccellenza, e finire sulle tavole di mezza Europa, fin negli Stati Uniti e in Giappone. Insaccati che in tutto il mondo portano le effigi di certificazioni di qualità, controllo della filiera, sicurezza della genealogia degli animali utilizzati. Ma solo sulla carta, anzi, su un disciplinare dalle maglie molte larghe. Tanto che l’area geografica di provenienza di questi suini per quella produzione d’eccellenza, spesso non è nemmeno la Pianura Padana, e tanto che i suini utilizzati spesso non sono quelli delle razze indicate. La realtà, ancora una volta, non è quella delle certificazioni, ma quella delle immagini raccolte tra ottobre 2017 e gennaio 2018, lavoro svolto da alcuni attivisti del Team investigativo Free John Doe e mostrata a milioni di italiani attraverso il servizio de le Iene, con il contributo del veterinario, Enrico Moriconi, Garante per la tutela degli animali e del filosofo, docente universitario e scrittore, Leonardo Caffo. L’investigazione raccoglie decine di minuti di immagini video che rivelano diverse situazioni, tutte gravissime, riprese all’interno di un allevamento in una delle province italiane con il maggiore numero di allevamenti. Completano l’indagine ulteriori significative immagini fotografiche che mostrano in modo inequivocabile lo stato di incuria e di estremo disagio in cui questi maiali, di pochi mesi di vita, dovranno vivere la loro breve esistenza. Strutture fatiscenti e 3box in condizioni igieniche molto gravi, dove gli animali sono immersi fino a metà delle zampe nelle loro stesse deiezioni, liquami che finiscono nell’area di abbeveraggio e alimentazione. Capannoni sovraffollati, dove impianti di areazione insufficienti non possono nulla contro l’aria satura di ammoniaca. In questo stato di incuria totale, mosche e topi sono liberi di infestare gli ambienti e di aggiungere le loro deiezioni in un luogo di produzione alimentare destinata al mercato italiano, ma soprattutto estero. Nei capannoni “svezzamento” sono stati ripresi suinetti sottoposti a somministrazione di mangimi e acqua addizionati di medicinali. Sono stati ritrovati – e ripresi – flaconi di farmaci quali, il Paracetamolo (componente dei farmaci analgesici-antipiretici) e l’Amoxicillina (componente principale dei farmaci antibiotici). Nonostante la massiccia somministrazione di cocktail di farmaci, molti animali si ammalano prima di arrivare al mattatoio. Molte immagini mostrano suini con prolassi anali, masse tumorali, ferite gravi da trauma, ai quali non viene somministrata nessuna cura specifica, sono anzi lasciati agonizzanti insieme ai loro compagni nei box o lungo i corridoi. Molti muoiono, dopo lunghe ore di agonia. In tutti i capannoni, dove non è lasciata ai suini nessuna possibilità di espletare nessuna delle azioni che sarebbero spontanee per la loro etologia (come razzolare, ad esempio, o rotolarsi nella paglia pulita) – cosa che fa notare lo stesso Morosini – sintomi di stress e comportamenti aggressivi con ferite anche molto  gravi, sono all’ordine del giorno, in ambienti dove i segni dello scorrere del tempo e delle stagioni, il solo alternarsi del giorno e della notte, non arrivano. Questi capannoni sono ambienti chiusi e bui sempre, e per tutto il periodo di permanenza degli animali. Un gruppo dei NAS fatti intervenire sul posto dalla stessa troupe televisiva in occasione di un sopralluogo, ha constatato lo stato di grave sovraffollamento dei capannoni e ha delimitato un’area antistante gli stessi dove erano stati accumulati flaconi di medicinali dove erano ancora visibili i tentativi di eliminarli bruciando le confezioni dei medicinali somministrati a tutti gli animali. A questo proposito, lo stesso Moriconi ha dichiarato: ‘L’antibiotico-resistenza è la causa di 25.000 morti l’anno in Europa e in futuro sarà una delle cause di maggiore mortalità per la specie umana. In Europa l’Italia – aggiunge – è quella che usa di più antibiotici negli allevamenti’. Il Gruppo di supporto del nucleo investigativo Free John Doe ha così commentato il servizio de Le Iene: ‘Attraverso la  collaborazione con le Iene e il servizio condotto dalla Iena Nina Palmieri, abbiamo potuto mostrare a milioni di italiani CHI sono e le miserabili condizioni in cui sono costretti a vivere questi individui che poi, una volta trasformati in prodotti, vengono messi sul piatto. Anche le cosiddette eccellenze italiane, tanto rinomate anche all’estero, non solo non usano metodi ‘eccellenti’ di produzione, ma mettono in atto sistematicamente le peggiori pratiche di allevamento nella totale assenza di considerazione nei confronti di animali senzienti e molto intelligenti. Si tratta di milioni di animali che dai primi giorni di vita, subiscono le violenze e i maltrattamenti più inauditi. Dal taglio della coda, dei genitali e del codino senza anestesia, spesso non praticata da professionisti, alla convivenza forzata in luoghi angusti, sovraffollati, in un incubo continuo fino al mattatoio. Tutto quello che abbiamo potuto mostrare grazie all’aiuto della trasmissione di Italia1 dovrebbe suggerire a molte persone che non vale assolutamente la pena continuare a nutrirsi in questo modo, che è davvero nell’interesse di tutti passare ad una dieta a base vegetale, la migliore sotto ogni punto di vista: empatico, salutistico e ambientale’.

 

Team Investigativo FREE JOHN DOE

Il team investigativo “Free John Doe” si occupa di indagini e salvataggi di animali grazie all’utilizzo di attrezzatura tecnica specifica e all’impegno costante di un nucleo attivo e adeguatamente formato. L’obiettivo primario è documentare e denunciare ciò che accade realmente all’interno degli allevamenti e dei macelli, con un impegno diretto per la liberazione animale, per fare informazione e per diffondere l’idea di una società basata sull’uguaglianza e il rispetto per ogni individuo. Al di là delle presunte normative specifiche che regolamenterebbero le condizioni di trattamento degli animali, lo scopo del team investigativo è quello di mostrare direttamente all’opinione pubblica ciò che avviene, di fornire degli strumenti di conoscenza e di denunciare la pratica dello sfruttamento animale. Il Gruppo di Supporto del team investigativo “Free John Doe” è formato da volontari che si impegnano a rendere pubbliche, attraverso gli organi di stampa e i social media, informazioni e materiale fotografico/video spedito in forma anonima dal team stesso, promuovendo pubblicamente l’idea di una società che superi finalmente ogni forma di specismo.