ALLA SCOPERTA DI UN PATRIMONIO DIMENTICATO. AVVENTURA TRA I MANUFATTI RURALI DEL MOLISE CON L’ARCH LO BUONO DELL’ARSIAM

ALLA SCOPERTA DI UN PATRIMONIO DIMENTICATO. AVVENTURA TRA I MANUFATTI RURALI DEL MOLISE CON L’ARCH LO BUONO DELL’ARSIAM

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UN VIAGGIO VIRTUALE ATTRAVERSO BRANDELLI DEL PASSATO, ALL’INTERNO DI UN UNIVERSO DAL SAPORE DI FIABA, SEGNI DI UNA CIVILTÀ CONTADINA CHE SCOMPARE, SPAZZATA VIA DALLA GLOBALIZZAZIONE DEI MERCATI E DELLA CULTURA. CASE IN AGGREGATO, A CORTE, FORTIFICATE, IN LINEA, TORRI DI AVVISTAMENTO E DI DIFESA, STUPENDE CASE ISOLATE CHE RISCHIANO DI SPARIRE NELL’OBLIO, GLI INSEDIAMENTI RUPESTRI DI MACCHIA VALFORTORE, IL MULINO AD ACQUA DI ANDREA DI IORIO, LA RICOSTRUZIONE DELLA PAGLIARA, LA TORRE SPACCATA DI MONTEBELLO, I TRULLI MOLISANI, LA MANDRA, LA NEVIERA. TUTELARE L’AMBIENTE, SALVAGUARDARE I MANUFATTI RURALI, PER FAR VIVERE L’AGRICOLTURA E PRODOTTI DI QUALITA’. ARSIAM E SOPRINTENDENZA, IN UN VIAGGIO INCREDIBILE NEL VARIEGATO MONDO RURALE. LA CREAZIONE DI UN MARCHIO MOLISE. NON C’È SVILUPPO SENZA CONOSCENZA. LE PIETRE DEL REGIO TRATTURO SOTTERRATE NELL’INDIFERENZA

Portali, archi, ogive, torri, fortini, insediamenti rupestri, trulli, pagliare, fontane, pozzi, abbeveratoi, neviere, piccionaie, aie, masserie, casolari, terrazzamenti, tratturi. Un viaggio virtuale attraverso brandelli del passato, all’interno di un Universo dal sapore di Fiaba, segni di una Civiltà Contadina che scompare, spazzata via dalla globalizzazione dei mercati e della cultura. Ha riscosso un successo senza precedenti l’incontro riservato all’Arsiam sui tratti della ruralità, nell’ambito della Giornata Mondiale dell’Alimentazione promossa dalla Fao che ha impegnato il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Direzione Generale per la Valorizzazione del Patrimonio Culturale, Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Molise, Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici del Molise (B.S.A.E) in un articolato ciclo di seminari di forte impatto emozionale, oltre che economico-sociale. 

E’ stato il PRESIDENTE DELL’ARSIAM, EMILIO ORLANDO, ad introdurre i lavori del convegno, che ha richiamato un vasto pubblico riunito nella Sala Conferenze dell’Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l’Innovazione in Agricoltura. “Il lavoro svolto dall’Arsiam – ha cominciato Orlando – rappresenta un importante momento di indagine nella direzione della tutela dell’ambiente rurale, ma è solo il primo passoC’è ancora molto da fare affinché un tale patrimonio di manufatti possa essere utilizzato quale fattore di sviluppo e di crescita sociale. A questa prioritaria azione di salvaguardia sono chiamati tutti i soggetti, pubblici e privati, attraverso una sinergia di intenti che guarda alla crescita economica, all’occupazione, alla salvaguardia del settore agro-zootecnico, alla qualità de prodotti, ad uno sviluppo sostenibile, in grado di trainare l’economia regionale. L’Arsiam è impegnata in questa opera capillare di “restituzione”, mediante azioni che si sviluppano su diversi fronti. In quest’ottica deve leggersi il progetto di tutela del prodotto locale attraverso la creazione di un Marchio Molise che contraddistingua la nostra tipicità all’interno di un percorso enogastronomico lungo i tratturi, attraverso un patrimonio di manufatti rurali che non ha eguali” 

Il SOPRINTENDENTE, DANIELE FERRARA, si è inserito ribadendo l’importanza della sinergia d’azione tra Arsiam e Soprintendenza. “Non andiamo da nessuna parte – ha detto – se il lavoro di ricerca non si collega ad un’azione di tutela, nella prospettiva di recupero del patrimonio naturalistico, rurale e agro-alimentare. Occorre fare sistema, perché non c’è sviluppo senza conoscenza. E tra tutte le attività dell’Arsiam c’è questa “vena” che si occupa di conoscenza, e che ci consente di lavorare a braccetto. Proprio l’altra settimana ho avuto un inocntro,a Venafro, con due presidi desiderosi di stabilire contatti volti a consentire, agli studenti, di conoscere la cultura antica di questa terra, un esempio fra tutti, il mulino a due livelli di Macchia Valfortore. Le potenzialità sono tante, serve l’impegno di tutti in tal senso. Sono rimasto impressionato dal rapporto che ancora esiste, nel Molise, con la terra e i suoi prodotti, dal fatto che si possa trovare a Campobasso, un capoluogo di Regione, un casaro dove prodotti freschissimi si producono due volte al giorno, dove sia possibile assaggiare olio spremuto solo tre giorni prima. E’ vero, i latticini di Bojano si trovano anche a Roma, ma non con la stessa qualità. Ciò che era stato causa di fuga dalle campagne, oggi è un valore, perché c’è una maggiore vicinanza con la terra, con i suoi prodotti, con la sua culturaCon l’Arsiam abbiamo avviato una operazione per la difesa e la tutela di questo mondo. Ci piacerebbe riuscire a produrre, da questa sinergia, una pubblicazione, una guida della Regione Molise che parta dalla terra, attraverso la rete tratturale. L’idea è di partire dal libro di Sabino Lo Buono per arrivare ad un formato più maneggevole, da distribuire nelle librerie italiane, ma anche in quelle straniere. Far conoscere, divulgare, significa garantirsi maggiori possibilità di tutelare, e quindi, in definitiva, lavorare per lo sviluppo della produzione agricola e per chi, sulla terra, ancora ci lavora. Ringrazio l’architetto, Sandra Esposito e il Presidente Orlando per questa preziosa opportunità”. 

“Esprimo la mia personale soddisfazione – l’intervento del DIRETTORE GENERALE DELL’ARSIAM, EMIDIO MASTRONARDI – per la scelta della sede e dell’argomento trattato, che analizza la vita dell’uomo sul territorio, le attività che lo hanno plasmato, le strutture che ne testimoniano la presenza antica. L’azione di tutela deve essere prioritaria, se non vogliamo veder sparire nel nulla tutto questo. Nel Molise abbiamo tre tratturi, lungo i quali insiste una serie di manufatti. Di recente il passaggio del metanodotto ha aperto piste in maniera selvaggia. Sul tratturo Ateleta Biferno c’erano tre pietre, lavorate a mano, a qualche miglio di distanza l’una dall’altra, con la sigla “R.T.” che sta a significare Regio Tratturo. La prima cosa che hanno messo sotto terra sono state quelle enormi pietre che servivano a delimitare l’antica strada delle greggiAl posto della storia lasciamo le tabelle, pensiamo di valorizzare “tabellando” ogni cosa!”. 

Ma è stato L’ARCHITETTO SABINO LO BUONO, RESPONSABILE DELL’UFFICIO PROGETTAZIONI DELL’ARSIAM, ad entrare nel vivo della questione, con una relazione che ha calamitato l’attenzione generale, lo stile accattivante della narrazione d’effetto, in cui casolari e masserie si animavano di vita, divenendo teatro di storie dal fascino antico. “Qui non abbiamo ville, né residenze principesche – ha cominciato – ma un’architettura semplice, spontanea, che si è adattata al territorio variegato della Regione: mare, montagne, pianure, fluviali, calanchi, invasi”. E sulla parete si sono materializzate pagliare e aie, il “Re Faione”, tra roverella, leccio, carpino, faggio e acero. Ha parlato dell’uso che si faceva di questi alberi, di cucchiai, scodelle e mestoli realizzati con l’acero, di attrezzi agricoli di legno di leccio, i canestri per le forme di formaggio e di ricotta, la rosa canina che “si chiamava così perché serviva a curare la rabbia che si trasmetteva con il morso dei cani”. “Studiando i fabbricati rurali – ha sottolineato Lo Buono – possiamo leggere le abitudini dei nostri antenati fin dall’antichità”. L’Arsiam ha indagato 15 diverse tipologie di abitazioni rurali, entrando negli ambienti, osservando, da un’angolazione privilegiata, il focolare, il forno con le pagnotte di pane, la fornacella, la matarca, dove si preparava e si conservava il pane, il materasso di foglie di mais, il monaco per scaldare le lunghe notti d’inverno e…i servizi igienici in camera, una serie di vasi da notte, disposti in fila nella camera da letto! L’architetto ha spiegato la realizzazione di muri con la tecnica detta “a sacco” che serviva, in un certo senso, a coibentare gli ambienti, ha mostrato le aperture sulle facciate delle abitazioni, rifinite con riquadri in pietra o in legno di quercia, i tetti a una o due falde, con la trave di colmo e le tegole disposte ad arte. “Non c’era il cemento armato – ha ricordato – e per dare consistenza alle strutture si usavano degli artifici per tenere insieme i muri, a due a due, mediante il cosiddetto capochiavea piastra a bolzone. Per quest’ultimo era necessario riscaldare la catena che andava da una parete all’altra, il calore faceva dilatare il metallo e si fermava il tutto con il bolzone. Quando la catena si raffreddava andava in tensione!”. 

Aiutandosi con le fotografie, l’architetto ha mostrato agli astanti la romanella, una sorta di cornice perimetrale, che arricchisce la facciata dei fabbricati e la caratterizza, con quella finestrella centrale che aveva il compito di aerare il sottotetto. “Strutture di 400-500 anni fa ancora integre – ha raccontato – si sono deteriorate in pochissimo tempo quando si è pensato di chiudere queste finestrelle con i vetri!” Il relatore ha illustrato il senso della decorazione delle facciate, i linguaggi visuali di pugnati, archi, ringhiere e balconi. “Gli antichi – ha precisato – sapevano scegliere esattamente l’esposizione. Una buona esposizione ai raggi solari era una condizione ottimale per usufruire al meglio del riscaldamento, dell’illuminazione e della difesa dagli agenti patogeni”. Sullo schermo un tesoro incredibile di immagini reali e di ricostruzioni rigorose di case in aggregato, a corte, fortificate, in linea, torri di avvistamento e di difesa, stupende case isolate che rischiano di sparire nell’oblio, gli insediamenti rupestri di Macchia Valfortore, il mulino ad acqua di Andrea Di Iorio, la ricostruzione della Pagliara, la torre spaccata di Montebello, i trulli molisani, la mandra, la neviera. Un pubblico di molisani ha potuto ammirare, per la prima volta, dei manufatti incredibilmente belli, di cui ignorava completamente l’esistenza, con la narrazione che incalzava soffermandosi su ogni pietra, su ogni particolare. Per le foto della pagliara si è proceduto ad una ricostruzione vera e propria. “Fino a trent’anni fa – ha spiegato l’architetto Lo Buono – ogni podere aveva la sua pagliara, essa costituiva un segno del nostro territorio. Così, due anni fa, assieme ad un molisano emigrato in Australia, abbiamo riproposto la costruzione di questo manufatto: le buche fatte a mano, a 70-80 centimetri di distanza, la copertura, le legature con salice ritorto, le forcine, il fascio di canne e il pennacchio finale, contro il malocchio. Ancora oggi, a distanza di due anni, in quella pagliara non ci piove”. Lo Buono si è infine soffermato sulle misure di superficie e di capacitàil tomolo, il mezzetto, la coppa, il sacco, la verzura e una scala di misura davvero inusuale: il passo d’aquila! Tant’è che il Presidente dell’Associazione Falco, Alessio Papa, in prima fila tra la gente in religioso silenzio, ha pensato bene di indagare se fosse mai esistito anche un “passo di Falco”! Il convegno si è protratto fino a tardi, ma il pubblico ha seguito fino alla fine, con grande attenzione. Alla fine ognuno ha portato a casa un pezzetto di questo tesoro inestimabile che è la cultura contadina dei nostri avi.

 

di Mina Cappussi

Redazione Umdi Luana

sono di San Polo Matese ed ho 28 anni. Nella vita sono mamma a tempo pieno di un bambino di 3 anni e mezzo! Sono diplomata in Scienze Sociali, e iscritta al terzo anno di Lettere e Beni Culturali. Amo la natura, e il periodo primaverile è il mio preferito. Ho molti hobby, di fatti lavoro ad uncinetto, punto croce e pannolenci! Sono appassionata di arte, e ammiro in particolar modo Canova.